Rewind, 12 febbraio. Ritorno della semifinale di Coppa Italia, stadio San Paolo. Camminando verso la scaletta che porta agli spogliatoi, Daniele De Rossi rivendica l’orgoglio di indossare la sua maglia. La curva B canta «Romano bastardo», lui risponde baciandola, e giù altri fischi e insulti, testimoniati da diversi video rintracciabili su YouTube. Può sembrare una provocazione, ma se De Rossi fosse napoletano e giocasse nel Napoli, di quella curva sarebbe un idolo: come lo sarebbe di tutte le tifoserie, già per il solo fatto di aver legato il suo nome a quello della sua squadra, per sempre. Non sarà Napoli-Roma a cambiare l’abitudine di fischiare le squadre avversarie: chi gioca in trasferta ci è abituato, figuratevi un campione del mondo che oggi giocherà la sua 345a partita in Serie A, staccando Sergio Santarini e diventando il giocatore che nella storia della Roma ha all’attivo più gare di campionato, dietro Francesco Totti e Giacomino Losi.
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De Rossi c’è. Caccia al gol numero 50. E se serve fa il difensore
Capitan futuro a caccia del gol numero 50. In caso di forfait di uno dei due centrali, verrebbe arretrato in difesa
Necessario Nella città di Saviano, De Rossi non ha mai segnato: l’unico gol al Napoli risale a sette anni e 12 giorni fa, 20 ottobre 2007. Roma-Napoli 4-4, Daniele 24enne, capelli corti, faccia da ragazzino, niente barba, tatuaggi ridotti al minimo. Già, Saviano, Gomorra, una delle tante letture di De Rossi, che un libro sull’aereo quando si va in trasferta ce lo ha sempre dietro. «Lui ha aperto un mondo e lo ha fatto a suo rischio e pericolo, ora vive nella paura — disse in un’intervista —. Io non so se ne sarei stato capace, non sono così coraggioso da riuscire a mettere in discussione tutta la mia vita». In campo, si è rimesso in discussione tante volte, giocando pure in ruoli non suoi (vicino alla porta avversaria o «a 60 metri, dove segnare non è il primo dei compiti»): come quello di difensore centrale, che De Rossi ricoprì anche il 12 dicembre 2011, contro la Juventus, nel giorno del suo ultimo gol all’Olimpico prima di quello di mercoledì al Cesena. Avrebbe dovuto giocare in difesa anche sei giorni dopo, a Napoli, ma quella sera Luis Enrique scelse Juan accanto a Heinze, riportando De Rossi a centrocampo. E la Roma vinse 3-1, giocando una delle migliori partite con l’asturiano. Firmerebbero tutti per quel risultato oggi, ma Garcia firmerebbe per farlo con Manolas in campo, oltre che De Rossi: il greco si è allenato, con i compagni disponibili non avrebbe giocato, invece Astori e Castan non ci saranno, mentre lui stringerà i denti, con la possibilità — qualora sorgessero complicazioni — che De Rossi sia costretto ad arretrare e fare il centrale.
Caccia alle cifre tonde Così fosse, ma considerando anche le sole due reti nelle ultime 38 partite di Serie A, per De Rossi diminuirebbero le chance di segnare il 50° gol con la maglia della Roma. Gliene manca uno solo, così come gli manca una sola partita per fare 100 in Nazionale. Lì, dove il suo rendimento è stato alto e costante anche quando con la Roma le cose andavano male. Poi è arrivato Garcia e il suo rapporto con Roma (e la Roma) è tornato a essere quello dei tempi del suo unico gol al Napoli. E poi è arrivata Olivia, la sua seconda figlia, nata il 14 febbraio scorso. È presto per mettere la bimba sull’altalena, quell’altalena citata mercoledì sera: «Sarà così per tutta la stagione, con la Juventus ce la giocheremo sino alla fine». E per restare nel punto più alto, dell'altalena, servirà tanto di quell’orgoglio mostrato baciando la maglia della Roma quella sera, dopo il riscaldamento.
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