La Lazio con lo scollo a V attraversato da una righina bianca, come nell’anno dello scudetto di Chinaglia. La Roma con il simbolo del Lupetto, ricamato sulla maglia già ai tempi di Bruno Conti e Falcao. Le divise - leggere, aderenti, traspiranti, performanti - con cui le squadre della Capitale si affronteranno nel primo derby stagionale hanno un animo antico, scrive Giacomo Detomaso suLa Gazzetta dello Sport. Raccontano una storia che soprattutto nelle sfide coi rivali cittadini ha vissuto momenti memorabili, a partire dall’incontro dell’8 dicembre del 1929 allo stadio della Rondinella (1-0 per la Roma, gol del fiumano Rodolfo Volk). I colori erano già quelli: da una parte il bianco e il celeste in omaggio alla Grecia, culla olimpica, dall’altra il rosso pompeiano col giallo, come nello stemma del Comune. In verità in quel primo derby la maglia romanista era a strisce, un’eccezione durata solo un biennio.
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Dalle striscie giallorosse all’aquila blu: pure le maglie fanno la storia del derby
Non sono poche, però, le maglie delle due squadre ad essere uscite dallo spartito. Nella stagione 1979-80 la Roma indossò un’uniforme che sortirebbe un effetto dirompente anche se uscisse oggi. A idearla fu Piero Gratton, il papà del Lupetto: la maglia era rossa, sì, ma con due fasce orizzontali, una arancione e l’altra gialla, all’altezza delle spalle. Le maniche erano bianche e riportavano addirittura i numeri dei giocatori, come nel football americano. Prodotta dall’azienda italiana Pouchain, i tifosi la ribattezzarono «maglia ghiacciolo», perché ricordava un gelato dell’epoca. L’azienda Ennerre, invece, nel 1982 mise la firma su un’indimenticabile divisa della Lazio, il cui design è stato citato anche in tempi recenti: tronco bianco nella metà alta e celeste in quella bassa, col logotipo dell’aquila disegnato da Cesare Benincasa, in blu, a fungere da raccordo.
L’Europa ha fatto spesso da passerella ad altre variazioni a tema. Il 19 maggio 1999, al Villa Park di Birmingham, la Lazio trionfò nell’ultima edizione di sempre della Coppa delle Coppe, superando 2-1 il Maiorca con un completo giallonero, scelto quell’anno come divisa di casa delle sfide continentali. Nelle stagioni successive si tornò al biancoceleste, ma con una maglia a righe verticali (un richiamo ai kit dei primi Anni 30). A proposito di strisce, un inedito completo bianco con bande orizzontali blu venne scelto dalla squadra allora allenata da Edy Reja per il derby di ritorno della stagione 2010-2011: non portò bene, le aquile persero 2-0. La Roma, invece, nella Champions League 2001-2002 scese in campo con una riuscitissima uniforme a quarti giallorossi, abbinata a pantaloncini e calzettoni blu navy. Anni dopo De Rossi e compagni, nelle coppe, hanno indossato anche all’Olimpico uniformi neri o verdi (questo era il colore dell’Alba, una delle società dalla cui fusione, nel 1927, nacque il club).
Ma le divise che i tifosi ricordano con più affetto sono quelle delle vittorie. Chi non è grande abbastanza da ricordare lo scudetto laziale del 1974 o quello romanista del 1983, probabilmente ha nell’armadio una maglia di Nesta o Totti, capitani e simboli delle ultime squadre tricolori, nel 2000 e nel 2001.
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