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Da Appiano al “suo” hotel. Con vino, risate e manie Josè strega ancora Milano

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E' impossibile che nel cuore di ogni tifoso dell’Inter non ci sia almeno un centimetro quadrato riservato a Mourinho

Redazione

Puoi togliere l’Inter a José, ma mai José dall’Inter, scrive Davide Stoppini su La Gazzetta dello Sport. Puoi non vederlo più alla Pinetina, certo. Ma è impossibile che ad Appiano, a Milano, a Como, nel cuore di ogni tifoso dell’Inter non ci sia almeno un centimetro quadrato riservato a Mourinho. Torna Mou e San Siro si veste a festa: per lo scudetto, certo, ma pure per omaggiare l’amico di sempre, l’uomo dei sogni. D’argento e di cristallo è la miniatura di San Siro che l’Inter gli ha regalato a febbraio, quando si riaffacciò per la prima volta. D’oro, invece, è la sua eredità. Un primo esempio? Oggi l’ufficio dell’allenatore ad Appiano è esattamente nel luogo in cui lo fece posizionare, spostandolo, Mourinho all’inizio del suo biennio. José viveva la Pinetina, non ci lavorava. Nel secondo anno praticamente si era trasferito nel centro sportivo, lasciando moglie e famiglia a godersi la villa di Como. "Mou amava controllare tutto. Per dire: dalla palestra, allora, non si vedeva quel che accadeva nei campi. Bene: lui fece abbattere la siepe, così da poter tenere d’occhio sempre tutto, dall’esterno verso l’interno e viceversa. - ricorda Antonio Santoro, allora responsabile della gestione del centro sportivo - Limitò gli accessi, prima di lui i calciatori venivano avvicinati da troppo persone. Fu il primo ad alzare i teloni per evitare che gli allenanti fossero spiati da giornalisti e osservatori avversari. Raccontava le barzellette, ma erano sempre le stesse, solo che nessuno aveva il coraggio di dirglielo. Se litigavi con lui, il primo giorno era meglio lasciar stare, dal secondo poi si tornava a ragionare. Quante volte ho fatto da mediatore tra lui e Maicon, lui e Julio Cesar, lui ed Eto’o...".  La Pinetina è stata la culla del Triplete. In giro per il mondo ci sono Inter club dedicati a José un po’ ovunque. Ce n’è uno pure a Ciampino, mescolato tra i romanisti che allora lo vedevano come principale rivale e oggi hanno imparato ad amarlo. Ad Appiano, del gruppo squadra di José, è rimasto qualche protagonista. Javier Zanetti, capitano di allora, oggi è vicepresidente. Piero Ausilio, ex responsabile del settore giovanile ma già a contatto con la prima squadra con Mou, ora è il direttore sportivo. E poi Christian Chivu, che allora lottava col caschetto protettivo e oggi guida la Primavera.  José viveva a Como, nella splendida Villa Ratti. A Milano frequentava ogni tanto l’Osteria del Corso, i figli andavano a scuola in Svizzera. Ma il suo (e dello staff) quartier generale era il Melia di San Siro, sede ogni tanto dei ritiri prepartita. Il responsabile dell’hotel era Alessandro Misani: "Mi volle sul bus con la squadra dopo lo scudetto. E poi: andai a Barcellona in Champions l’anno del Triplete. Ma la gara del girone, dove perdemmo malamente. José allora mi vietò di continuare a seguire la squadra all’estero. Mi regalò una bottiglia di vino portoghese prima degli ottavi: “Durante la partita bevi questa”. Eseguii: vincemmo, io mi ubriacai, andammo ai quarti, E così, stessa scena, per i quarti col Chelsea e poi col Barcellona: ubriaco, ma qualificato. Prima della finale mi disse: “Questa puoi venire, è campo neutro”. Mi regalò 30 biglietti".  Oggi Alessandro è direttore operativo di tutti i Melia: "Mi sa che sabato passo a trovarlo, prima della partita. Allo stesso hotel? No, in quello è andato a febbraio. Ma ha perso, così ha cambiato...". È sempre il solito Mou.