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rassegna stampa

Classifica, diritti e stipendi: cosa succede se non si gioca?

Allo studio un progetto complicato da numerose problematiche. Non ci sarebbe un campione d'Italia

Redazione

Retrocessioni e due ipotesi: la Serie A a 22 squadre? 

Il 2 agosto è il termine stabilito dall’Uefa per la conclusione dei campionati: c’è la fine, manca un inizio. Potrebbe essere il 13-14 giugno, con un po’ di ottimismo (che oggi manca) si potrebbe anticipare a mercoledì 10 o al primo week-end del mese, 6-7. Il campionato verrebbe in ogni caso compresso al massimo, a maggior ragione se la ripresa dovesse ulteriormente slittare come conseguenza di un mancato via libera agli allenamenti del 18 maggio, scrive Alessandra Gozzini su "La Gazzetta dello Sport". Così il piano (o i piani B) resta allo studio. L’idea dei playoff e playout resta dunque la soluzione alternativa più attuale. Ma se le condizioni generali rendessero impossibile la ripartenza vanno definiti altri percorsi. Congelare la classifica sarebbe l’opzione più probabile, con due diversi effetti. In entrambi i casi lo scudetto non verrebbe assegnato e l’Europa sarebbe garantita alle prime 6: cambierebbero le retrocessioni. Nel primo verrebbero congelate e la Serie A 2021-22 si aprirebbe a 22 squadre, cioè alle 2 che salirebbero dalla B (che annullerebbe i playoff). Altra ipotesi è la retrocessione delle ultime due e altrettante due promozioni dalla B. Altro aspetto da considerare: le squadre impegnate in Europa, se le competizioni internazionali continueranno. Ma un pensiero si fa largo: se la A chiuderà i battenti, magari la Liga seguirà la strada. E anche le coppe sarebbero costrette a non assegnare vincitori.

Sconti alle tv e perdite per 440 milioni 

Oggi i club di Serie A sono concordi all’unanimità nel negare sconti o dilazioni ai licenziatari tv. Ma è chiaro che le condizioni cambierebbero in caso di definitivo stop alle competizioni: in questo caso sarebbero le società a non consegnare il prodotto stabilito dagli accordi sottoscritti. E allora sì, stavolta, si aprirebbe una trattativa per rinegoziare termini e cifre. Sky intanto ha già quantificato le richieste nella lettera inviata alla Lega prima dell’ultima riunione: in caso di stop definitivo chiederebbe uno sconto alle società di 255 milioni. Taglio che i club dovrebbero nel caso riconoscere anche agli altri licenziatari per un mancato incasso complessivo di 440 milioni (considerate solo le televisioni). Gli altri mancati incassi (botteghini, sponsorizzazioni, merchandising, altri proventi) farebbero salire le perdite a oltre 700 milioni.

Stipendi, tagli netti: i calciatori si adegueranno

Senza ritorno in campo anche il rapporto tra le società e i rispettivi tesserati verrebbe rivisto. Il presupposto da cui partono i club è semplice: partite e allenamenti sono le prestazioni lavorative che vengono richieste ai propri dipendenti e se il presupposto venisse disatteso allora tutto va rimesso in discussione. Dato che sarebbe il governo a decidere per lo stop definitivo, le società avrebbero validi argomenti da opporre ai calciatori: sempre che non sia il governo stesso a riconoscere uno strumento legislativo che autorizzi le società a intervenire sulla decurtazione degli stipendi. Lo scenario più probabile, se il governo non autorizzerà la ripresa, resta quello di un taglio sostanzioso. E i calciatori dovranno finire per assecondare le richieste.