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Che succede Mou? Josè scopre crisi e fischi. Roma, l’Europa è a rischio

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Preparazione, gestione, attacco, mercato: crescono i dubbi. La Conference si complica e c'è da difendere il quarto posto

Redazione

Sarebbe sbagliato parlare di caduta degli dei, perché il calcio della quotidianità raramente assume le tinte drammatiche dell’epica. Ma è la caratura stessa di José Mourinho – insieme a Pep Guardiola, re fra gli allenatori dell’ultimo ventennio – a far precipitare la Roma sotto i riflettori di una crisi più percepita che sostanziale. Per dirla con brutalità, se gli stessi risultati li avesse raccolti Eusebio Di Francesco o Paulo Fonseca probabilmente parleremmo di squadra incompiuta, ma senza avere nelle riflessioni quelle sfumature di stupore che può dare semplicemente il fatto di avere lo Special One sulla panchina. Secondo Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport, il pareggio contro il Bodo non ha fatto altro che confermare il trend negativo. Se dividiamo questo inizio di stagione in tre parti tendenzialmente omogenee, si vede come gli indicatori più importanti tendano tutti verso il basso. La questione arbitrale, che pure ha inciso, non deve però fuorviare dai problemi che possono essere endemici, almeno fino al mercato di gennaio. E allora l’analisi deve riguardare altro. I numeri parlano chiaro: come ci si aspettava, la Roma è partita fortissimo, anche per galvanizzare un ambiente che ne aveva bisogno. Missione compiuta, perché il tifo – come si nota dai dati di affluenza dell’Olimpico – ha risposto in massa. Il problema, però, è che forse la squadra ha fatto una preparazione utile a una partenza sprint, ma che mostra la corda adesso che occorre più fondo, in attesa di un richiamo nella sosta invernale. Un rischio, perché gli infortuni fanno capolino. A questo si collega il discorso legato agli ex “epurati". Il secondo tempo della partita a Bodo e il ritorno di due giorni fa hanno ormai certificato che non era stata certo solo colpa loro per la brutta figura coi norvegesi, ma averli mandati in tribuna per alcune partite ha costretto i titolari a un super-lavoro, li ha parzialmente demotivati e in certo modo svalorizzati nell’ottica del mercato di gennaio. Morale: la gestione di pancia, per dare alla gente dei capri espiatori, non è parsa finora funzionale. Sorprende la crisi dell’attacco. Fin quando la vena di capitan Pellegrini ha mascherato le difficoltà, la barca ha galleggiato (le prime 6 partite), poi Abraham e Shomurodov – pagati 58 milioni – hanno smesso di lievitare, mentre Zaniolo e Mkhitaryan, probabilmente costretti, a troppo lavoro in fase difensiva, non hanno più trovato la lucidità per rendersi pericolosi in fase offensiva. In assenza di spazi, infatti, i giallorossi stentano. Si è passati dall’avallo totale di quanto era stato fatto, alla dichiarazione di avere a disposizione «solo 11-12 giocatori» affidabili. Tutto vero. Non è escluso che il mercato estivo in entrata – dove la Roma ha speso quasi 80 milioni – sia stato sopravvalutato, ma la famiglia Friedkin ha fatto la sua parte, così come (senza follie) la farà a gennaio. Imputare le 5 sconfitte in 17 gare ai “cattivi” del calcio, sarebbe una via d’uscita troppo “normal” per uno Special.