(Gazzetta dello Sport-L.Garlando)Dopo la vittoria sull'Inter, titoloni e paginate al maestro Zeman. Ora, dopo la Juve, il Boemo è finito dietro la lavagna con il cappello «asino». Colpa di una pericolosa involuzione. In soli 27 giorni. Contro un'Inter disorganizzata, che aveva in mediana gli indisciplinati Pereira e Guarin, che si allargavano troppo, la Roma andò a nozze aggredendo gli spazi di corsa come Zeman insegna da una vita. Ma la grande novità era un equilibrio inedito per una squadra del Boemo. Non la solita linea difensiva pericolosamente alta, ma Burdisso sempre vicino a Stekelenburg, squadra corta, pronta a ripartire. Il lavoro sporco di Destro su una fascia e il movimento di un vitalissimo Totti sull'altra, con Osvaldo a dargli il cambio, assicuravano un buon supporto alla mediana. Senza esterni veri, Zeman scatenava gli incursori interni (Florenzi). Morale: sembrava che il Boemo, illuminato dalla solita idea offensiva, avesse maturato dalle delusioni una saggezza nuova, calibrando il disegno tattico sul materiale a disposizione e sugli avversari. Non più a priori.
rassegna stampa
Che involuzione in soli 27 giorni
(Gazzetta dello Sport-L.Garlando) Dopo la vittoria sull’Inter, titoloni e paginate al maestro Zeman. Ora, dopo la Juve, il Boemo è finito dietro la lavagna con il cappello «asino».
Sabato a Torino la clamorosa smentita. Linea difensiva altissima, Burdisso terrorizzato dalle praterie alle spalle e crocifisso da ogni lancio in verticale. Taddei terzino a rendere il reparto ancora più spregiudicato. In fascia, al posto del lavoro sporco di Destro, la leggerezza di Lamela che non sgobba mai. Con Totti atleticamente in linea con i suoi 36 anni, alla mediana non arrivava uno straccio d'aiuto. Neppure Don Chisciotte avrebbe osato sfidare con tre soli mediani il poderoso centrocampo a cinque della Juve. Come se Marchisio e Vidal non fossero i migliori incursori del campionato; Pirlo libero come se non fosse Pirlo. Riecco l'Utopista che ignora il mondo oltre la sua Idea. Infatti è stato un massacro. Anche dal punto di vista atletico, lasciando il varco a un sospetto: che le metodologie del vecchio Zeman possano essere superate. Un mese dopo San Siro, la Roma non corre di più. In questo mese non è cresciuta neppure la confidenza dei tanti giovani protagonisti a San Siro, che avrebbero avuto bisogno di una striscia di partite del genere per farsi forti. Invece Samp, Bologna e Juve hanno riempito la truppa di insicurezze. Zeman che scarica («I giocatori non mi capiscono») invece di proteggere, non aiuta. Illudere parlando di scudetto è un fardello in più sulle fragili spalle di questa Roma giovane e spaesata. De Rossi lo ha detto chiaro, intuendo il rischio di una brutta deriva. Zeman nelle difficoltà si chiude ancora di più nella sua Idea, esasperandola per sfidare il mondo. Invece questa è l'ora del buon senso e del lavoro umile. Può servire più un passo indietro che uno avanti.
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