Forse è il calcio che divora tutto. Forse dagli Stati Uniti, suggerisce qualcuno, è complicato entrare nello spirito di un popolo, se quel popolo sente che una bandiera vale più di un buon affare, scrive Alessio D'Urso su La Gazzetta dello Sport. Anzi, che è la bandiera l'unico affare. Del resto, come fai a tradurre a un americano i sentimenti di chi il giorno dell'ultima partita di Francesco Totti sentì l'esigenza di esporre lo stendardo "Speravo de morì prima"? Impossibile, perché tra le due lingue c'è il romanesco, intraducibile come quel continuo scambio di passione tra due fuoriclasse assoluti e la città. Francesco e Daniele non sono arrivati a Roma per fare vincere la squadra. Totti e De Rossi a Roma ci sono nati, ed è stato il primo segno di un destino comune. La Roma non li ha acquistati, loro e la Roma sono nati nello stesso luogo e si sono tenuti per mano per quasi 30 anni. Eppure, usciti dal campo, la loro storia è andata in modo diverso. Il condottiero De Rossi e il re Totti non sono riusciti a replicare nel terzo tempo della loro maturità tutti i sogni di cui il tifo è rimasto impastato. O, almeno, non come avrebbero voluto. Due capitani, due bandiere issate in alto, quando sulle loro maglie campeggiavano i numeri 10 e 16, e ora due bandiere a mezz'asta, se non ammainate, tra un "grazie di tutto" e un "sarai sempre di casa nel club giallorosso".
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Capitani lontani. Totti e De Rossi: lo stesso destino dei due figli di Roma
E di un destino che li vede ora lontani da Trigoria. Il primo l'ha dovuta lasciare ieri in un grigio mercoledì qualunque, mostrando ai tifosi che lo attendevano all'uscita del centro sportivo un sorriso tirato. Il secondo, il Pupone, l'aveva dovuta abbandonare nell'estate del 2019 da dirigente sotto la presidenza Pallotta, che allo stesso tempo decretò la fine dell'avventura da giocatore di Daniele. E se Totti non è mai riuscito a realizzare il sogno di tornare da protagonista dietro alla scrivania, pur lanciandone di "segnali" negli anni, De Rossi come un coraggioso Ulisse la sua Itaca l'aveva raggiunta nove mesi fa subentrando a Mou: il miglior romanzo possibile per un figlio di Roma e della Roma venuto a salvare la patria. Ed invece davanti alle Colonne d'Ercole del suo mondo conosciuto, appena 3 punti in 4 giornate di A, ha trovato un altro tycoon che prende atto dei numeri come base dei ragionamenti. E i numeri, in questo calcio, hanno preso ormai il sopravvento. A dirla tutta, Totti e De Rossi hanno condiviso pure quell'addio da brividi all'Olimpico che nessuno avrebbe voluto: il 28 maggio 2017 per Francesco, il 26 maggio 2019 per Daniele. Una data, quest'ultima, a cui l'ormai ex allenatore della Roma deve aggiungere quella del 18 settembre, ieri: il giorno dell'esonero che ora fa sobbalzare dal trono i due idoli romanisti nell'immaginario collettivo. Mentre i tifosi dell'Olimpico sono sempre lì, in quella Curva Sud malata di ricordi, con gli occhi sul campo in attesa di rivedere un lampo del passato...
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