La partita contro l’Atalanta, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport,è stato un risveglio fin troppo brusco anche per coloro che, col passare delle settimane, aveva notato gli accorgimenti che Fonseca metteva in atto per tonificare una difesa sempre sotto scacco.
rassegna stampa
Bivio Fonseca: italianizzarsi senza tradire le proprie idee
Gli accorgimenti studiati dal tecnico portoghese per dare più equilibrio alla squadra hanno snaturato il gioco
Niente più terzini entrambi arrembanti ma uno all’assalto e l’altro prudentemente in linea; niente più pressing offensivoasfissiante ma solo in determinati contesti; niente più baricentro esasperatamente alto ma basso, se occorre, per ripartite negli spazi; niente più Pellegrini in mediana ma giudiziosamente trequartista. Quanto basta perché, dopo la vittoria di Bologna, il tecnico dicesse soddisfatto: "Il bel gioco mi piace, ma sono realista. Occorre vincere. Mi sono italianizzato".
E' difficile crocifiggere un tecnico che, dopo il faticoso pari con la Lazio, ammise sincero: "Le squadre che difendono a tre ci creano dei problemi". Certo, anche nel calcio, i cocktail culturali sono ricchezza, ma la difesa a tre improvvisata mercoledì dopo appena un quarto d’ora, dai tifosi giallorossi è stata accolta una resa ideologica, con quell’unico schema offensivo diventato: lancio lungo su Dzeko e attacco alle “seconde palle” con Zaniolo e Pellegrini.
Un po’ poco, tant’è che persino dei calciatori in privato abbiano manifestato perplessità. Morale: non occorre che Fonseca venga arruolato nella "querelle" giochisti contro risultatisti, né che divenga l’erede di Zeman oppure di Rocco. Il segreto, forse, è che cresca (in fretta), ma senza tagliare il cordone ombelicale che lega l’estetica delle sue idee alla loro duttilità. Sono quelle, in fondo, che hanno fatto innamorare la Roma.
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