Da Firenze a Firenze, dalla notte dell’aritmetica certezza della qualificazione diretta in Champions a quella che dovrà confermare i sogni scudetto. Sono passati 280 giorni da quando la Roma vinse 1-0 al Franchi con un gol di Nainggolan ed ebbe la sicurezza del secondo posto, ma sembra una vita. E non solo perché rispetto all’undici che iniziò quella partita mancano tre quarti di difesa (Toloi, Castan, Dodò) e un attaccante (Gervinho), ma perché la squadra di allora si presentò davanti a Montella consapevole dei propri mezzi e col vento in poppa, dopo 7 vittorie di fila – recupero col Parma compreso – e una stagione vissuta quasi sempre sul filo dell’entusiasmo, mentre questa, dopo 4 pari in 7 turni, deve cercare di ritrovarsi.
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Al bivio di Firenze: ieri fu Champions, oggi sogno scudetto
Da Firenze a Firenze, dalla notte dell’aritmetica certezza della qualificazione diretta in Champions a quella che dovrà confermare i sogni scudetto.
SPREGIUDICATI Davanti ad oltre 2mila romanisti e di fronte a tanti ex che hanno fatto parte, chi più chi meno, della sua storia, Totti e compagni sperano di ritrovare quella testa sgombra che 9 mesi fa fece la differenza, vista la formazione ultra-offensiva che Garcia decise di mandare i campo. I terzini, Maicon e Dodò, erano quelli più spregiudicati, a centrocampo agiva Pjanic, davanti il trio Totti-Gervinho-Ljajic. Il serbo, stasera in dubbio dall’inizio per il solito fastidio al ginocchio che non gli dà tregua da un paio di settimane, illuminò la partita, tanto da servire prima Gervinho che si divorò il gol del vantaggio, e poi Nainggolan, che invece sfruttò bene in spaccata il suo assist d’oro realizzando la rete decisiva. Le cronache ufficiali raccontano la sua esultanza con un cuore dedicato alla moglie Claudia, quelle ufficiose invece raccontano uno spogliatoio giallorosso in festa al fischio finale, con De Sanctis mattatore e direttore d’orchestra, con tanto di telefonino in mano da cui partivano le note della Champions.
ASPETTANDO LE COPPE Era una Roma spavalda e sicura di sé, quella, capace di soffrire e di non sentire minimamente l’assenza di uno come Strootman. Questa Roma qui, invece, sta patendo e tanto quella di Gervinho e si trova a fare i conti con una crisi di gioco che in pochi si aspettavano. A confortarla, ieri come oggi, ci sono i risultati: perché ieri come oggi la Roma è seconda. E deve giocare i quarti di Coppa Italia (ancora contro la Fiorentina) e iniziare la sua avventura in Europa League. Ecco perché partire bene nel girone di ritorno avrebbe un valore doppio.
UOMO DELLA PROVVIDENZA Garcia, anche ieri, ha ribadito che la squadra sta bene e che si è allenata con convinzione ed entusiasmo, ma aveva detto più o meno le stesse cose prima di Palermo. Oggi, quantomeno, spera di non essere smentito fin dai primi minuti di gioco, lui che per questa squadra è molto più che un classico allenatore. Anche se, per citare le parole del d.g. Baldissoni proprio alla vigilia della sfida del Franchi del 19 aprile, «non è l’uomo della provvidenza. Lui è importante, importantissimo, ma ha beneficiato dell’innesto di grandi giocatori, della voglia di rivalsa della squadra e della società, che è sempre più importante, ovunque, del tecnico. Sarebbero guai – precisò – se fosse il contrario. La Roma c’era prima e ci sarà anche dopo Garcia, che comunque vogliamo tenerci a lungo». Un mese e dieci giorni dopo quelle frasi il francese firmò il contratto fino al 2018.
POKER Era il 30 maggio, poco più di un anno prima, il 4 maggio del 2013, la Roma aveva vinto un’altra partita a Firenze, sempre per 1-0. A segnare fu Osvaldo, all’ultima rete in giallorosso. Stesso risultato, ma marcatore diverso, qualche mese prima in Coppa Italia: 16 gennaio 2013, gol di Destro. Tradotto, gli ultimi 3 allenatori della storia della Roma (Garcia, Andreazzoli e Zeman) hanno portato via l’intera posta dal Franchi col minimo scarto. Stasera il tecnico francese spera che arrivi il poker, perché mai come oggi il risultato sarà l’unica cosa che conterà.
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