Un cuore grande così. Un cuore giallorosso. Quando alle battute finali del docufilm sulla sua vita di numero nove, pardon El numero Nueve, Gabriel Omar Batistuta si rivolge ai figli, esortandoli nei prossimi 10 anni "ad essere migliori di quello che sono ora", l’ex centravanti di Roma e Fiorentina segna un altro gol: il più bello di tutti. Centravanti - sottolinea 'La Gazzetta dello Sport', lo si è per sempre, anche quando da invincibili delle aree di rigore ti ritrovi con una protesi hi-tech alla caviglia e insegui solo un sogno: la normalità. Un inno al coraggio di un Ulisse argentino. Che nel film diretto da Pablo Benedetti, ospite di Alice nella città alla Festa del Cinema di Roma, torna nei luoghi sacri della vittoria e ci racconta come si vincono le partite, soprattutto quelle della vita. Lui, Re Leone, si buttava su palloni impossibili e ne schiodava gol, consumando già negli anni ‘90 le sue cartilagini vittime di troppe infiltrazioni: "Appena smesso, mi sono ritrovato con le caviglie a pezzi, come se avessi avuto 80 anni. Osso contro osso: un dolore atroce. Lo stesso problema di Van Basten. Ho pure chiesto ad un amico medico di amputarmi le gambe, non era più vita".
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Batistuta: “Edin il mio erede, Totti si goda la vita”
Re Leone lancia Dzeko: "Deve accompagnarlo la squadra, da solo è dura. A Francesco dico due cose..."
E così davanti all’ennesima porta lungo il cammino, il "guerriero" non ha esitato: l’ha aperta ed è entrato in sala operatoria a Basilea, dove il professor Beat Hintermann gli ha applicato una protesi alla caviglia sinistra e all’uscita dal sottopassaggio, come in uno stadio virtuale, i suoi tifosi l’hanno applaudito sui social. Ecco, proiettare il film a Trigoria, potrebbe essere il miglior incitamento possibile per Dzeko & Co e anche per l’amico Francesco Totti: "Edin è pronto per raccogliere la mia eredità, ma da solo è dura: lo deve accompagnare la squadra. Francesco si goda i figli e la semplicità della vita senza calcio: che è bella allo stesso modo".
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