rassegna stampa

Zeman con la museruola

(Il Tempo – E.Menghi) L’uomo delle frasi scomode e della verità a tutti i costi adesso porta il bavaglio. Il silenzio forzato di Zdenek Zeman stona con il suo passato, ma fa comodo a società ed ex allenatore.

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(Il Tempo - E.Menghi) L’uomo delle frasi scomode e della verità a tutti i costi adesso porta il bavaglio. Il silenzio forzato di Zdenek Zeman stona con il suo passato, ma fa comodo a società ed ex allenatore. «Vorrei parlare, ma non posso farlo», la spiegazione del boemo che ieri mattina passeggiava sotto casa sua alFleming. Per lui era un giorno come un altro, anche se molto vicino alla «sua» sfida,Juventus-Roma, e forse in cuor suo si aspettava, o sperava, di essere interrogato su questa partita, perché di ricordi ne ha tanti e potrebbe parlarne per ore. Potrebbe, ma non lo fa.

È iniziata nel lontano 25 luglio del 1998 la storia di accuse e polemiche nei confronti dei bianconeri: quel giorno aveva lanciato la prima pietra, rendendo pubblico il suo sospetto sulle «esplosioni muscolari» dei giocatori. Fu solo l’inizio di una lunga battaglia che ebbe il suo apice con lo scoppio di Calciopoli. Allora accusò Moggi di essere «il grande burattinaio del calcio italiano». L’ultima volta che Zeman si è presentato a Torino, alla guida della Roma per la seconda volta in carriera, era il 29 settembre 2012, la gara era durata appena 18 minuti, il tempo impiegato dalla Juve per mettere a segno tre gol (finì 4-1). I giallorossi erano tornati a casa delusi, ma il più arrabbiato era lui, Zdenek, che voleva vincere almeno quella battaglia contro i nemici di sempre. È passato più di un anno e, se solo potesse collegare la lingua al pensiero, ne direbbe di cose su di loro. Quando è sceso da casa ieri, verso mezzogiorno e mezza, non si è lasciato tentare, ha preferito accendersi una sigaretta, borbottare che non poteva dire nulla per evitare problemi con il club di Trigoria e scivolare via, tra le vie del Fleming.

La Roma gli ha imposto di non rilasciare dichiarazioni, forte del contratto ancora in essere con il tecnico che ha guidato i giallorossi nella prima parte della passata stagione. Fatale gli fu la ventitreesima giornata dello scorso campionato, quando il Cagliari calò il poker all’Olimpico. Una notte di riflessione, una lunga riunione con i dirigenti e poi il verdetto: Zemanesonerato. Ma la Roma continua a pagarlo, perché per la prima volta in vita sua il boemo aveva accettato un biennale, che sembrava un attestato di fiducia, quella che poi è venuta a mancare quando le cose si sono fatte più difficili. L’addio fu amaro e un paio di mesi dopo arrivò lo sfogo: «A volte mi chiedo perché mi hanno ingaggiato. La mia filosofia si è dimostrata diversa da quella dei dirigenti. Forse serviva un nome buono per la piazza, di certo il mio stipendio è stato abbondantemente ripagato con gli abbonamenti realizzati».

La società non aveva gradito, naturalmente. L’ex direttore generaleBaldini aveva chiesto agli avvocati di studiare quell’intervista, per capire se esistessero gli estremi per una rescissione contrattuale. Il boemo se l’è cavata con due lettere di richiamo spedite dalla Roma, stufa delle sue dichiarazioni rancorose. Zeman ha capito che rischiava di perdersi le ultime mensilità del ricco stipendio previsto dal suo contratto e ha deciso di scegliere la via del silenzio, di seguire le regole una volta tanto. Proprio prima della sua partita, del duello infinito di cui non è più protagonista.