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rassegna stampa

Tor di Valle no, tutto il resto sì

Intoccabile ciò che resta dell'impianto in stato totale di abbandono. Ma in passato a Roma scempi pazzeschi senza badare a vincoli

Redazione

Arriva l’ennesimo intoppo per la costruzione del nuovo stadio della Roma che dovrebbe sorgere a Tor di Valle. Il condizionale ormai è d’obbligo e l’ultima «trovata» della sovrintendenza per mettere i bastoni tra le ruote alla complessa operazione, è il vincolo sul vecchio ippodromo: un cumulo di macerie che all’improvviso torna di nuovo ad essere essenziale per la il mondo intero. Sì, proprio quel rudere fatto di vecchie lamiere, calcestruzzo che cade da tutte le parti e si tiene in piedi a fatica davanti a un immenso campo fatto di buche ed erbacce (divenuto nel corso degli anni un vero e proprio riparo per emarginati, immigrati clandestini e molto spesso utilizzato furtivamente come discarica abusiva. Proprio quello adesso, all’improvviso, è tornato ad essere di pubblico interesse e non si potrebbe più toccare. La bellissima palazzina liberty nello storico quartiere centrale di Coppedè sì, si può demolire per farne un palazzo nuovo, moderno, che ospiti mini-appartamenti. Il rudere di Tor di Valle no, quello non si può demolire. Qualcuno faccia pace col cervello verrebbe da dire se non fossimo a Roma, con un’amministrazione che sta chiaramente osteggiando il nuovo impianto giallorosso in tutti i modi, trasformandolo di fatto in un terreno di battaglia politica. Ma in passato non fu così.

SOTTO LA TANGENZIALE “DORMONO” STRUTTURE SCOMPARSE CON I LAVORI – Nel corso degli anni durante la realizzazione della Tangenziale Estera stata ritrovata unavilla romana della quale poco dopo non si è avuta più notizia, sparita nel caos dei lavori. Un mistero tuttora irrisolto. Stessa fine ha fatto il sepolcro dell’architetto Lucio Cornelio.Mentre il Torrione prenestino, nel quartiere del Pigneto, soggetto a lavori di restauro pluriennali e tornato alla fruizione del pubblico soltanto nel 2010, era stato in parte «smussato» della sua cinta muraria per far posto alla cosiddetta sopraelevata che doveva aver la precedenza su tutto, meraviglie archeologiche comprese. E chissà quante altre vestigia hanno fatto la stessa fine.

VILLA SACRIFICATA PER FAR POSTO AL SOTTOPASSO DEL PARK GIANICOLO – Nell’estate del 1999 fervono i lavori per la costruzione del cosiddetto sottopassino con il parcheggio sotterraneo sul Gianicolo. Durante lo scavo della galleria d’uscita dal parcheggio vengono ritrovati i resti di una casa romana. Si tratta dei resti della villa di Agrippina. Il caso finisce in Parlamento tra interpellanze e polemiche. Il soprintendente Adriano La Regina parla di «devastazioni archeologiche» perpetrate nel corso degli scavi. Il 12 novembre il presidente Ciampi insieme al sindaco Rutelli inaugura il sottopasso mentre il cantiere del parcheggio è ancora aperto. Con un colpo al cerchio e uno alla botte, si decide di portare avanti lo scavo ma anche il parcheggio, rimuovendo quel che era possibile dei reperti.

DISTRUTTO CON L’ESPLOSIVO, POI E’ STATO ABBANDONATO – Nel 2008 un vizio di forma nella stesura di un vincolo ha permesso l’abbattimento di un capolavoro come il Velodromo di Cesare Ligini, Dagoberto Ortensi e Silvano Ricci, costruito per l’Olimpiade romana del 1960. Nel 2008 l’allora Eur Spa progetta una faraonica «Città dell’Acqua e del Benessere» (sette piscine, centro medico, un albergo, ristoranti), un gigantesco parco che avrebbe sostituito il Velodromo, condannato all’abbattimento. Per la sua importanza l’area viene vincolata ma il vincolo contiene un vizio formale. Eur Spa a quel punto impugna il vincolo. Ottiene il permesso per l’abbattimento e il Velodromo viene minato a luglio 2008. Come capita spesso a Roma la «Città dell’Acqua» non si farà più.

UN TESORO SENZA EGUALI, PRIMA ESPOSTO E POI SPARITO – Nel 2005 iniziavano i lavori per il centro commerciale di Porta di Roma, alla Bufalotta. Venivano trovati dagliarcheologi reperti e strutture talmente importanti per la ricostruzione della storia suburbana di Roma da essere esposti nel nascente centro commerciale. Fu ritrovata pure un’osteria che fungeva anche da lupanare, con tre mosaici policromi. Il più grande, probabile pavimento del «lupanare», illustra al centro l’accoppiamento tra un uomo piuttosto anziano e una donna. Intorno compaiono figure «nilotiche», come un amorino che fa una sorta di surf con una anfora e una vela. Un mosaico proveniente dall’osteria venne posto all’ingresso del centro commerciale Porta di Roma ma dal gennaio 2016 è stato rimosso. Che fine ha fatto?

UN GIOIELLO NEL QUARTIERE COPPEDE’, NON PER LA SOPRINTENDENZA – Quindici giorni fa è stato demolito il villino di via Ticino 3, a pochi passi dai tesori liberty delquartiere Coppedè. Al suo posto il progetto prevede la costruzione di un supermoderno e lussuoso condominio accanto alla casa in stile floreale che fu del tenore Beniamino Gigli. Il caso era esploso quando varie associazioni avevano chiesto l’accesso agli atti e dagli archivi erano spuntati i progetti originari dell’edificio, che risale al 1929-31 ed era del conte Girolamo Nardelli, progettato da Ugo Gennari, già presidente dell’ordine degli Architetti di Roma, mentre negli anni Cinquanta c’era stata solo una sopraelevazione. A nulla è valsa la corsa contro il tempo di Italia Nostra, dei residenti del quartiere, dell’associazione «Roma è la mia città» e le ire di Vittorio Sgarbi.

REPERTI INESTIMABILI SACRIFICATI PER FAR POSTO AI BINARI DEI TRENI – Durante gli infiniti lavori per la realizzazione della linea C della metropolitana e nel 2014 in particolare sarebbero stati distrutti reperti archeologici di inestimabile valore, con l’autorizzazione della Soprintendenza speciale ai beni archeologici di Roma. Si fece la scelta definita «obbligata» di scavare e costruire contestualmente, il che ha portò a trattare i resti rinvenuti individuando soluzioni tecniche inadatte, realizzando smontaggi, rimontaggi o in maggioranza demolizioni vere e proprie. Ci sarebbero stati, secondo le indagini della Procura di Roma, almeno otto casi di reperti per i quali la Soprintendenza avrebbe autorizzato la distruzione o la delocalizzazione. È il primo colpo all’autorevolezza di quella che dovrebbe essere la «metro» archeologica di Roma.