rassegna stampa

Stadio della Roma, il contratto non si tocca. Parnasi vuole cambiare le carte in tavola

"So che il curatore fallimentare ha ricevuto da Parnasi una proposta migliorativa che acceleri i pagamenti delle rate mensili alla curatela di Sais. Mi sono perciò chiesto che interesse avesse l’acquirente a rendere più oneroso il contratto"

Redazione

Si «oppongono fermamente a qualsiasi ipotesi di novazione» del contratto di cessione dell’area di Tor di Valle su cui sarà costruito lo stadio della Roma. Lo scorso 10 marzo, Gaetano, Umberto ed Elisa Papalia, azionisti all’83% della società Sais spa (dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza del 22 maggio 2014), hanno scritto una lettera al giudice delegato e al curatore del Fallimento Sais. L’obiettivo è «metterli in guardia» sulla proposta avanzata da Luca Parnasi di modificare il contratto stipulato il 25 giugno 2013 con cui la Sais ha venduto il terreno di Tor di Valle alla società Eurnova srl (di cui Parnasi è amministratore unico) al prezzo di 42 milioni di euro. Indagato dalla procura di Roma per l’ipotesi della bancarotta di Sais e la distrazione dell’unico bene della società (l’area dove sorgerà l’impianto giallorosso), Gaetano Papalia si dice seriamente preoccupato che quel contratto possa essere ora modificato.

Cosa teme di più?

«So che il curatore fallimentare ha ricevuto da Parnasi una proposta migliorativa che acceleri i pagamenti delle rate mensili alla curatela di Sais. Mi sono perciò chiesto che interesse avesse l’acquirente a rendere più oneroso il contratto. Non vorrei che ne venisse cambiato l’oggetto, sostituendo la cessione dell’area all’obbligazione nel pagamento. Così facendo il gruppo Parnasi metterebbe al riparo la proprietà del terreno, ma in caso di inadempimento nei pagamenti, gli azionisti Sais potrebbero rivalersi su Eurnova solo con un decreto ingiuntivo o un’eventuale istanza di fallimento, che lasciano il tempo che trovano. Insomma, non potremmo più aggredire il terreno. Il curatore fallimentare e il giudice delegato, tuttavia, hanno respinto la mia richiesta di poter accedere a quegli atti».

Come spiega l’ipotesi distrattiva ipotizzata dalla procura nei suoi confronti?

«Le trattative di cessione dell’area di Tor di Valle al gruppo Parnasi risalgono al 2010, anno dell’atto preliminare di cessione del comprensorio. Concepire un proposito distrattivo con 4 o 5 anni di anticipo significherebbe essere veggenti e non amministratori. Solo nell’aprile del 2012, la società Cushman & Wakefield, che agiva per conto della As Roma, scelse Tor di Valle tra 70 aree come la più idonea per il nuovo stadio. Parnasi, che aveva in pancia questo preliminare, ci chiese subito di farne un contratto a condizione sospensiva: ottenere cioè la concessione edilizia per costruire l’impianto. Trascorso un altro anno, la Roma pretese maggiori sicurezze sulla proprietà dell’area e quindi Parnasi ci propose di trasformare il contratto a condizione sospensiva in un contratto definitivo, che stabilisce un prezzo certo di 21 milioni e uno integrativo di altri 21 milioni che diventa certo quando sarà siglata la Convenzione urbanistica. Anche se mi offriva poche garanzie di immediatezza nel pagamento, sapevo che ormai il progetto era entrato in una dimensione internazionale e a un punto di non ritorno.

Nonostante questo contratto da 42 milioni in mano, è stato dichiatato il fallimento di Sais. Come mai?

«Resta incomprensibile il mancato accoglimento da parte del Tribunale della proposta di pagare tutti i creditori al 100%. Lo vedo come un vero e proprio esproprio a cui la società ha reagito con un reclamo presentato alla Corte di appello di Roma. Senza contar che lo stato passivo della Sais è di 16 milioni e mezzo e già in cassa ce ne sono 10. Basta aspettare dicembre prossimo e i creditori saranno soddisfatti».

Si vocifera che come contropartita abbia avuto da Parnasi appartamenti e altri benefit?

«Magari, non dovrei lasciare l’appartamento in cui sono in affitto per andare da mia figlia. Sono infondate anche le ipotesi che dietro Eurnova ci sia io o che mi paghino il terreno in altro modo».

I residenti e il Movimento 5 Stelle sostengono che il sito non sia adatto per ragioni idrogeologiche e che il Comune, deliberando a dicembre il pubblico interesse dell’area, si è «piegato» a un accordo tra privati già pianificato.

«Sulla vicenda c’è tanta strumentalizzazione tra ricerca di visibilità politica e tutela di posizioni dominanti sul mercato immobiliare da parte di noti costruttori. Quanto ai timori di dissesti idrogeologici, a Tor di Valle per più di mezzo secolo si sono svolte regolarmente migliaia di corse al trotto, grazie a tre semplici idrovore. Né le tribune dell’ippodromo possono essere considerate strutture cementizie di modeste dimensioni. Nessun cedimento è stato mai rilevato».