rassegna stampa

Stadio Olimpico, le alternative non ci sono

Il Flaminio è da tempo inagibile e l’idea di riportarlo a nuova luce prevedrebbe dei costi troppo elevati. A livello logistico anche lo spostamento fuori dalla capitale resta un’utopia, le ipotesi paventate nella giornata di ieri sono...

Redazione

Una provocazione tira l’altra, soprattutto quando c’è l’intenzione e la voglia di far arrivare il messaggio nel modo più chiaro possibile. Eppure le parole del dg Baldissoni hanno suscitato nuovi interrogativi tra i tifosi della Roma, curiosi di sapere se veramente fosse possibile dire addio all’Olimpico, sfruttando magari un impianto più piccolo e con caratteristiche più agevoli per gli spettatori. In teoria, un’eventuale cambio in corsa sarebbe possibile, ma estremamente complicato da attuare. Inevitabilmente anche per i tempi. Oltre ai problemi derivanti da una possibile rottura del contratto d’affitto con il Coni, la scelta di cambiare stadio coinvolgerebbe una serie di intrecci burocratici con la Lega Calcio e con la Uefa, che obbligatoriamente pone dei parametri bene precisi per lo svolgimento delle gare ufficiali. In pratica è molto più semplice dirlo, che riuscire effettivamente a farlo. Stesso discorso se la Roma decidesse (e non è così) di studiare un programma per cambiare stadio nella prossima stagione.

Aspettando il progetto di Tor di Valle, la capitale offre ben poco sul panorama degli impianti alternativi. Il Flaminio è da tempo inagibile e l’idea di riportarlo a nuova luce prevedrebbe dei costi decisamente troppo elevati. A livello logistico anche lo spostamento fuori dalla capitale resta un’utopia: dalle ipotesi pittoresche di Perugia, Terni, Rieti, Frosinone fino a quelle più romantiche di Campo Testaccio e del Tre Fontane, le ipotesi paventate nella giornata di ieri da alcuni tifosi sono destinate a rimanere tali. Qualche tempo fa ci pensò anche il presidente della Lazio Lotito a sollevare il polverone proponendo la costruzione di uno stadio tutto biancoceleste a Valmontone. Provocare, purché se ne parli.

(A. Serafini)