rassegna stampa

Simplicio via. Niente Usa per Borriello e Pizarro

(Il Tempo – M. De Santis) – Chi negli ultimi anni rimpiangeva i raduni di una volta a Trigoria, con la Laurentina intasata, canti, abbracci, promesse di tricolori mai arrivati e colpi di tacco dei Dahlin di turno, si sarà sicuramente...

Redazione

(Il Tempo - M. De Santis) - Chi negli ultimi anni rimpiangeva i raduni di una volta a Trigoria, con la Laurentina intasata, canti, abbracci, promesse di tricolori mai arrivati e colpi di tacco dei Dahlin di turno, si sarà sicuramente divertito all'Open Day di ieri pomeriggio all'Olimpico.

Sarà stato tutto più in grande e meno ruspante, più dispersivo e meno a contatto diretto, ma è servito almeno a ripristinare uno degli appuntamenti sacri per il calcio di mezza estate: la presentazione della squadra e dei volti nuovi al pubblico.

 

Certo, l'Open Day è stato anche un qualcosa di piacevolmente nuovo, come la foto di gruppo sotto la Sud e quella nel bel mezzo di una Tevere assolata con i possessori della nuova maglia e qualche immancabile infiltrato. Ma, soprattutto, è sembrato un revival rivisto, corretto e modernizzato delle presentazioni di una volta. Perché certe cose, anche con il passare del tempo, non possono cambiare. La risposta del pubblico romanista ad un simile vernissage, ad esempio. Tra i 15 mila tifosi - e c'è chi dice addirittura 20 mila - ad affollare la Sud e la Tevere, nonostante un caldo sahariano. Più o meno tanti quanti cercavano di raggiungere Trigoria (alcuni desistevano strada facendo) per il primo pellegrinaggio stagionale tanti anni fa.

La sostanza, in fondo, è rimasta intatta, la forma, come logico, no. Presentazioni all'americana per giocatori, allenatore e membri dello staff, una sorta di privé a bordo campo per dirigenti, tifosi vip come il premio Oscar Nicola Piovani o i fratelli Toti (a lungo a colloquio con Franco Baldini), amici, conoscenti, procuratori e champagnini, foto ricordo con lo sfondo di una Curva Sud festante e un'altra in mezzo alla gente della Tevere.

Altre cose, però, sono state molto simili a quelle dei tempi che furono: fischi per chi non è più nei cuori tifosi come Josè Angel, Borriello e Okaka, accoglienze tiepide per Rosi e Greco, applausi scroscianti per Burdisso e per qualche giovanotto di belle speranze come Romagnoli e acclamazioni popolari per Zeman e Totti. «Spero che vi divertirete - ha detto il boemo - e riuscirete a farci vincere. Per me voi tifosi siete importantissimi. Mi auguro di vedervi sempre presenti, sia nelle gioie che nei dolori. Ora vi lasciamo per una settimana per far fare una bella figura alla nostra squadra negli Usa. Poi torneremo e faremo calcio sul serio».

Un ritornello molto simile a quello cantato dal capitano: «Vogliamo fare una grande stagione con una squadra che merita grandi riconoscimenti, perché la nostra gente merita rispetto».

Il manifesto programmatico di Zeman e Totti ha trovato un convinto sostenitore in Lamela. «Dobbiamo fare una grande stagione - l'ammissione dell'argentino a Roma Channel - sono sicuro che questo sarà il nostro anno». Piccolo incidente per l'argentino che uscendo dall'Olimpico ha «calpestato» con la sua auto il piede di un tifoso medicato in infermeria: niente di grave, per fortuna. Prima, dopo e durante le promesse e i proclami di rito, c'è stato spazio per le presentazioni e i primi «Daje o Forza Roma» (suggeriti) dei nuovi acquisti Dodò, Lucca, Tachtsidis, Castan e Bradley. Qualcosina di più è arrivata dagli ultimi due. «Voglio lasciare il segno come tanti dei brasiliani che sono passati qui», ha promesso il mancino proveniente dal Corinthians. «Darò tutto il mio cuore per questa squadra e questa maglia», ha assicurato l'americano. La festa si è conclusa con una gara ai rigori, qualche fischio per José Angel e Borriello, l'addio di Simplicio, palloni e maglie lanciate in curva e tutti felici e contenti. Come alle presentazioni di una volta a Trigoria.