rassegna stampa

Se le regole non valgono mai. O solo per pochi

(Il Tempo – M.Ciccognani) – Alla vergogna del calcio italiano non c’è mai fine. Un sistema alla deriva, dove il primo che arriva si veste, con discriminazioni che in confronto quelle territoriali sono delle «pulcinellate».

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(Il Tempo - M.Ciccognani)- Alla vergogna del calcio italiano non c’è mai fine. Un sistema alla deriva, dove il primo che arriva si veste, con discriminazioni che in confronto quelle territoriali sono delle «pulcinellate». Tralasciamo gli errori arbitrali per i quali sarebbe necessaria, indispensabile, la moviola in campo. Cominciamo proprio dalla discriminazione territoriale. Una boutade interpretata a proprio piacimento da chi invece dovrebbe garantire equità. Squalificata la curva della Juve e stadio aperto ai bambini che, accompagnati dagli adulti,hanno fatto peggio, offendendo i portieri avversari. Hanno sentito, e bene, i cori della Sud, poi della Nord e ancora dei Distinti dell’Olimpico, squalificato e desolatamente vuoto, ma non hanno sentito, o fatto finta di non sentire, i cori che anche in tv risultavano chiarissimi dei tifosi dell’Inter. Questione di orecchio. La Roma fa giurisprudenza, anche in questo. Se si offende Balotelli è razzismo, se si incita il Vesuvio è discriminazione territoriale, se si grida «Roma m.» passa in cavalleria.

Si parla tanto di codice etico, ma nessuno che si sia azzardato a rimproverare il presidente Spinelli che, anziché caricare il suo Livorno, ha detto chiaramente che non gli interessava la partita con la Juve ma quella col Chievo. Ma stiamo scherzando? Spinelli ha a dato un alibi ai suoi e lanciato un pessimo segnale per il nostro calcio, ma soprattutto ha calpestato una norma (scritta nelle Noif): quella che obbliga le squadre a schierare, sempre e ovunque, la migliore formazione possibile. In Inghilterra lo avrebbero linciato. Da noi sappiamo benissimo come è andata.

E dei condannati fuori dal calcio, la Figc cosa ha fatto? Orecchie da mercante. Non si spiegherebbe l’anomala posizione di Lotito, di Berlusconi o di Cairo, Preziosi e Cellino che a rigor di logica e leggi, non potrebbero più rappresentare le rispettive società. Invece sono ancora lì, al loro posto. Ancora codice etico, con Prandelli che si permette di condannare De Rossi prima del giudice sportivo. Lui dovrebbe essere l’allenatore di tutti, non solo di Balotelli e qualche altro.

Di De Laurentiis parliamo o sorvoliamo? Un presidente che aggredisce un tifoso sotto gli occhi delle telecamere e tutti zitti. E di Sabatini che denuncia l’«aggressione» di un club italiano a un proprio giocatore (Lamela)? Nessuna inchiesta. Questo, signori, è il nostro calcio. Uno sport che sta affondando, con il suo Schettino al comando.