Solo una volta nella storia aveva più punti in classifica dopo 31 giornate - 73 con Garcia nel campionato 2013/14 contro i 71 attuali – ma adesso non bastano nemmeno per la certezza del secondo posto. Una statistica da Roma, che quando azzecca l’anno giusto trova sempre qualcuno (la Juve) che fa meglio di lei. «Sarà la nostra stagione con più punti fatti» anticipa convinto il dg Baldissoni, ma salvo una rimonta finale che avrebbe del miracoloso, si chiuderà comunque a bocca asciutta. Sei lunghezze dalla vetta, con lo scontro diretto contro la capolista bianconera da giocare in casa, legittimano ancora i sogni. Eppure la storia recente dice che la Juve certe partite le vince prima di giocarle. La Roma no. Ammesso pure un possibile ko di Higuain e soci nel terzultimo turno all’Olimpico, ad Allegri basterebbe comunque vincere cinque delle restanti sei partite (Atalanta e derby col Toro le uniche insidiose) e pareggiarne una per la matematica certezza dello scudetto. Anche meno se i giallorossi steccheranno uno degli ultimi impegni, evento per nulla improbabile leggendo il calendario: oltre alla sfida con la Juve, Spalletti ospiterà l’Atalanta sabato prossimo, poi visita al Pescara di Zeman, quindi un altro derby e il Milan a San Siro. Si può chiedere alla Roma di vincerle tutte? Forse è troppo anche per una squadra che macina record (103 gol segnati coppe comprese) e mastica amaro al tempo stesso. I paradossi di una stagione che sa di beffa. L’ennesima.
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Roma, sogno scudetto
Sei lunghezze dalla vetta, con lo scontro diretto contro la capolista bianconera da giocare in casa, legittimano ancora i sogni
La proiezione finale porta i giallorossi attorno ai 90 punti, quindi sopra gli 85 con cui chiuse Garcia in quel suo primo campionato italiano iniziato alla perfezione: dalla 32ª in poi ne vinse altre quattro di fila e perse le ultime tre, ormai inutili per contrastare una Juve capace di cucirsi il tricolore sul petto con il mostruoso bottino di 102 punti. Irripetibile. Meglio comunque continuare a guardare avanti, il modo migliore per non voltarsi indietro e perdere il vantaggio accumulato sul Napoli. L’approdo diretto in Champions vale tantissimo per impostare il futuro di una società che deve fare i conti con un bilancio ancora sofferente. L’obiettivo realistico di Spalletti è quindi il secondo posto, poi tirerà le somme anche se la sua decisione sembra ormai scontata: ha fatto capire alla società che non intende firmare il rinnovo, a meno di uno scudetto che al momento si può solo sognare. Ecco perché i dirigenti hanno già iniziato a sondare i possibili sostituti. Con una netta preferenza per i tecnici italiani o con esperienza in serie A. Aspettando lo sbarco imminente del nuovo ds Monchi, il «consulente» Baldini ha incontrato in Toscana qualche settimana fa Sarri, la prima scelta in Italia. Ma strapparlo al Napoli, con un contratto valido fino al 2020 e una clausola rescissoria da 8 milioni che scatterà solo l’anno prossimo, è un’impresa ardua conoscendo De Laurentiis. Giusto quindi lasciare in corsa tutti gli altri candidati. Mancini si sta proponendo attraverso i suoi «canali» romani («pronto a valutare ogni proposta» ha detto ieri), ma come Montella non sembra rientrare tra i profili preferiti del club di Pallotta. Gerarchie che possono cambiare di continuo.
(A. Austini)
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