Lo stadio di proprietà da solo non basta per garantire certezza nella vittoria ma senza stadio di proprietà, per vincere, occorre un allineamento planetario, scrive Il Tempo.Almeno in Europa. E, insieme allo stadio di proprietà, servono le tournée estive in giro per il mondo. Portano soldi. Tanti. Che insieme alle entrate derivanti dallo stadio – e non c’è solo la bigliettazione – e ai diritti tv segnano un divario enorme fra la Roma e le prime dieci società a livello europeo. Fra la Roma e il Napoli, l’Inter, il Milan e la Lazio. L’unica fra le squadre italiane che “si salva” è la Juventus cui lo stadio di proprietà ha consentito di fare balzi avanti enormi.
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Roma, senza stadio non si vince
L'impianto di proprietà è una cassaforte che, in media, pesa ogni anno per circa un terzo delle entrate dei grandi club
Questo è quanto emerge analizzando i report della Deloitte, una delle quattro più importanti società di consulenza e revisione al mondo. La Deloitte, ogni anno, analizza lo stato delle finanze del calcio europeo e pubblica un rapporto in cui si analizzano le entrate (non l’intero bilancio, ma solo le voci di approvvigionamento economico) delle prime venti squadre europee. Sostanzialmente ci sono “dieci sorelle” che sono sempre lì, a disputarsi le prime dieci posizioni. Nella stagione europea 2004/2005 la prima era il Real Madrid con poco più di 275 milioni di euro di entrate. La Roma stava dietro, a 131 milioni. Un divario di “soli”, si fa per dire, 144 milioni di euro. L’ultima stagione vede la Roma incassare 171,8 milioni e la prima in classifica, questa volta il Manchester United, fermarsi ad “appena” 676,3 milioni. Il divario è aumentato a 504 milioni di euro. In sostanza, la Roma incassa fra biglietti, merchandising e diritti tv, un quarto di quello che lo United riesce a guadagnare dalle stesse voci. In media, negli ultimi dodici anni la Roma ha incassato 149 milioni e mezzo l’anno, il Real quasi 466, poi il Barça con 427, lo United con 414 e così via.
Anfield, Bernabeu, Camp Nou o Allianz Arena non solo solamente dei fortini assordanti di tifo e impressionanti per il muro umano che si para dinanzi i giocatori delle altre squadre. Sono anche una cassaforte che, in media, pesa ogni anno per circa un terzo delle entrate dei club. Soldi che vengono direttamente dai biglietti e dagli abbonamenti, così come dai contratti faraonici per i diritti sul nome dell’impianto. L’analisi della crescita annuale delle entrate è anche legata agli investimenti fatti per ampliare gli spalti e i posti, magari quelli d’élite assai cari.
La seconda voce – per alcuni come Real Madrid, Barcellona e Manchester United addirittura la prima – è il merchandise, la vendita di magliette, tute, cappellini, felpe o gadget di ogni genere. In alcuni casi riesce a “pesare” anche quasi per il 50% del totale delle entrate. E, puntualmente aumenta ogni volta che, d’estate, le squadre vanno a fare le tanto vituperate tournée all’estero, negli Stati Uniti, in Asia (tutta) o nei paesi arabi. Praticamente ogni tournée finisce per corrispondere ad un incremento anche del 20-25% della vendita di oggettistica legata alla squadra. Terza voce: i diritti tv. Ogni Paese regola i propri in via autonoma ma più una squadra ha tifosi sparsi per il mondo e più mette in cassa dalle tv. Alla fine, questo si traduce in un potere economico superiore, capacità di attrazione per i calciatori e quindi vittorie. Che non arrivano automaticamente perché si fanno tournée o si ha uno stadio di proprietà. È che senza, semplicemente si partecipa guardando gli altri sul podio.
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