Il gol di Florenzi, ma soprattutto l’abbraccio «corale» subito dopo la fortuita rete del vantaggio, allungano la vita di Garcia sulla panchina giallorossa (ma ci sono le Feste per pensarci bene sopra).
rassegna stampa
Ricominciamo
La Roma batte il Genoa, va a -4 dalla vetta e salva la panchina di Garcia. Per ora. Florenzi segna e abbraccia l’allenatore con i compagni, bis del baby Sadiq
Per il momento decidono i giocatori, che «salvano» l’allenatore togliendo le castagne dal fuoco a una società che non aveva ancora chiaro in testa cosa fare e soprattutto che strada prendere qualora fosse arrivata l’ennesima delusione. Non che la partita contro il Genoa abbia cambiato qualcosa nell’umore del popolo romanista (mai vista più gente - poca - in Nord che in Sud), che ha accolto la squadra tra i fischi (clamorosi quelli alla volta del tecnico alla lettura delle formazioni) e che si può certo dire insoddisfatto di quanto visto ieri all’Olimpico: risultato a parte.
Però, quel «ricominciamo» partito dai Distinti Sud e cantato poi dall’Olimpico intero, si è trasformato da monito al club a cacciare l’allenatore a coro d’intenti per ripartire proprio dal tecnico francese: e così sarà. Nonostante il successo tutt’altro che scontato contro i resti di un modesto Genoa aggiunga poco al fine d’anno a dir poco disastroso e che coinvolge tutti: tecnico, squadra e club.
Difficile capire come Garcia riuscirà a rianimare una squadra che anche ieri ha giocato una partita per lunghi tratti orrenda, senza tirare in porta per un tempo intero nonostante il 2-0 finale. Il gol di Florenzi, che fin li non aveva di certo brillato, rompe un digiuno lungo 343 minuti: un’eternità per una squadra partita con ambizioni scudetto e che si ritrova sulle gambe al giro di boa. Senza fiato, senza idee, ma soprattutto senza quel gioco che aveva illuso tutti e che adesso resta solo un ricordo lontano. Già, perché i rientri di Gervinho e Salah, non hanno cambiato granché in una Roma che realizza il suo primo gol «vero» su azione con il giovane Sadiq (tredicesimo marcatore stagionale giallorosso): classe 1997 entrato nel finale dopo l’espulsione di uno Dzeko ancora lontano anni luce dalla forma migliore.
Quello del bomber bosniaco è un altro tema che il tecnico giallorosso dovrà affrontare: è vero la squadra non lo serve come dovrebbe, forse perché non è strutturata per avere un uomo così lì davanti, ma quelle due o tre palle buone che gli capitano tra i piedi, le sbaglia tutte. Anche ieri prima di essere cacciato dall’eccentrico Gervasoni per un «fuck off» di troppo, si era divorato un’occasione clamorosa da due passi quando la palla gli era rimbalzata tra i piedi. I più maligni dicono che si sia «ambientato» al clima Roma, adeguato in un gioco al ribasso che vede tutti i giallorossi in clamoroso calo tranne Rudiger, che sembra invece aver trovato il suo passo.
Ora ci sono poco meno di tre settimane per trovare una soluzione ai mille problemi emersi in questo fine anno, per cercare di recuperare il gioco perso, la condizione di molti uomini fondamentali, ma soprattutto la voglia di tornare a soffrire tutti insieme: unico segnale positivo, oltre ai tre punti, arrivato dalla partita di ieri che la Roma ha chiuso, per la quarta volta consecutiva, senza incassare gol: poca roba, ma è già qualcosa.
Perché il bilancio vero di questo 2015 lo fanno i numeri: sempre loro. La Roma, che continua ad avere il secondo attacco della serie A (32 reti, meglio ha fatto solo la Fiorentina) con 66 punti conquistati nel 2015 si piazza al quinto posto tra le «grandi» del campionato: esattamente la posizione che attualmente ricopre la squadra di Garcia. Anche se adesso i punti di ritardo dalla vetta sono solo quattro: la strada è lunga.
(T. Carmellini)
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