rassegna stampa

Colpa delle radio, Pallotta come Capello

Tre conduttori di trasmissioni radiofoniche dedicate alla Roma esprimono il loro giudizio sull'influenza o meno dell'etere sulla situazione della squadra

Redazione

Non si e inventato nulla Pallotta, non è certo il primo a denunciare il difficile ambiente romano. Lo fece gia Capello quindici anni fa, quando allenava lui la Roma, e non si stancato di ribadirlo ogni volta che ce n'e stata l'occasione. "Chi conosce la piazza sa che purtroppo le radio o ti esaltano o sono molto negative, non c'e equilibrio", diceva l'ex tecnico giallorosso. "E' un ambiente difficile, che ammalia. Nel momento in cui vinci c'e euforia, mentre alla Juve e al Milan hai solo fatto il tuo dovere", ha ribadito di recente Capello, che ne fa una questione di mentalita. Da allora ad oggi sembra non sia cambiato niente, visto e sentito il presidente americano dopo la strana partita con it Bate Borisov, che ha qualificato la Roma agli ottavi per la quinta volta nella storia e per la prima in assoluto tra i fischi dei pochi tifosi presenti. E capitato più volte di vedere una squadra sconfitta ed applaudita lo stesso piuttosto che una arrivata al traguardo e contestata per come l'ha fatto. Per quanto surreale, e accaduto davvero e, se per Pallotta quei fischi sono in qualche modo frutto di un contesto comunicativo pressante ed influenzante, chi la radio la fa non sente di avere un potere cosi grande.

A oggi non è bastato dormirci su per sbollire la rabbia e il dispiacere per la mancata felicita del pubblico ad obiettivo raggiunto e oggi è tornato sull'argomento, levigando le parole solo nei confronti dei tifosi: "Sono sulla stessa linea d'onda della maggioranza di loro. Penso che abbiamo dei grandi tifosi che sono molto coinvolti e ci fanno sentire it loro calore. So dei problemi con la Curva Sud e abbiamo cercato di risolverli. A differenza di quello che dicono molti giornali e tv, siamo dalla parte dei tifosi. E frustrante avere lo stadio mezzo vuoto quando per due anni di fila siamo arri-vati secondi in Italia e siamo agli ottavi di Champions League. Sono davvero dispiaciuto che ci siano tifosi che fischiano i calciatori quando abbia-mo un' ottima squadra. Ci sono stati alti e bassi, ma vedremo cosa otterremo alla fine dell' anno".

Il malcontento del pubblico era legato alla prestazione poco cattiva della squadra, Garcia aveva chiesto undici lupi in campo e parlato di una voglia che poco s'e vista in realtà, ma per Pallotta "la Roma ha giocato bene, ma la palla proprio non voleva entrare, abbiamo avuto 24-25 occasioni, 10 tiri in porta e poteva tranquillamente finire 3-0. Entrare negli ottavi e un grande risultato, ci sono due italiane, Juve e Roma, ed e un' ottima cosa". Questione di sfortuna e di ambiente, insomma. Con tutti i rischi che questo comporta: puntare il dito lontano dai veri problemi della squadra può essere un modo per ritrovare tranquillità all'interno dello spogliatoio, ma anche creare pericolosi alibi a cui aggrapparsi quando le cose vanno male.

"Colpa della stampa? Credo che il dottor Pallotta sia dotato di un forte senso dell'umorismo. Se credesse davvero a quello che ha detto sarebbe da preoccuparsi, da uomo intelligente quale è sa bene che non è così". Questo il pensiero di Ilario Di Giovambattista, direttore editoriale di Radio Radio, sulla polemica innescata da James Pallotta dopo Roma-BATE. "La Roma americana, con un presidente lontano, dirigenti magari bravi ma poco riconosciuti, è un tema che spacca opinionisti e tifosi. C'è chi la ritiene una società all'avanguardia e chi la considera una società di "barbari" che ha estirpato il legame di amore e passione della gente per quella che è una cosa molto seria, la fede sportiva. E' il conflitto tra azienda e amore, business e cuore. Forse la Roma fa poco per smarcarsi dall'etichetta di società che tratta i propri sostenitori soprattutto come clienti. Anche se il calcio è cambiato, la gente sente come suoi quei colori. Prima si torna al passato meglio è. Non è nostalgia ma necessità. Il tifoso si sente un cliente trattato male, fa un abbonamento e non ha date certe, compra una maglia che scade ogni anno". Di simile avviso anche Furio Focolari, direttore responsabile di Radio Radio: "Il problema è che Pallotta non conosce la tifoseria della Roma, la più bella di quelle in Italia: questo non l'ha capito".

Di comunicazione giallorossa se ne intende, perché a Trigoria ne era il responsabile ai tempi di Luis Enrique. Adesso Daniele Lo Monaco fa l'opinionista per Retesport, di cui stato anche direttore. Conosce entrambi i lati della medaglia e si sente di difendere le radio dall'attacco di Pallotta, perché "incidono zero nella vita di una squadra di calcio, possono rendere più o meno piacevole un ambiente, che a volte sa essere spiacevole, ma non influenzano il destino della Roma". Probabilmente la lontananza del presidente non permette una valutazione chiara di quanto accade giorno per giorno nella piazza romana: "Considerando che nelle sue uscite non si fa consigliare, non dico che è consigliato male, ma viene informato male di quello che accade, poi reagisce in modo errato e di conseguenza dice cose senza averne cognizione precisa, perchè non può sapere quali sono i meccanismi di tv giornali e radio. Gli vengono riferiti giudizi estremi e lui si stupisce. Ma la realta di questa citta sono 25 mila persone che vanno a vedere una partita decisiva di Champions League ed una squadra che non gioca più a calcio. Dovrebbe occuparsi di queste cose qua". Per il giornalista Daniele Lo Monaco "non è la soluzione giusta fondare una radio ufficiale e far vomitare da questa insulti su tutti quelli che la pensano in modo sbagliato".

Storico cronista del mondo giallorosso e non solo, Stefano Petrucci è attualmente il coordinatore giornalistico di Tele Radio Stereo, emittente che offre 17 ore di palinsesto quotidiano dedicato soltanto alla Roma. «Le radio così come i giornali, i siti o le televisioni possono avere senza ombra di dubbio un potere mediatico superiore soprattutto in questa città. Questo è fuori di dubbio. Ma se devo entrare nello specifico ed analizzare per esempio un episodio di attualità, non credo che mercoledì sera l'Olimpico abbia riservato i fischi alla squadra perché invitati a farlo dopo aver ascoltato le radio. Non penso che al fischio finale chi era presente all'Olimpico si sia tolto le cuffiette e abbia iniziato a esprimere il proprio dissenso. Poi forse sono le stesse radio a funzionare poco in certi contesti. Anche la Roma ha creato un organo di comunicazione interno a Trigoria che evidentemente influisce ancora poco su chi ascolta, anche se sono nate magari con lo scopo preciso di indirizzare l'opinione pubblica verso un certo tipo di situazioni. La comunicazione rimane uno strumento troppo importante e utilizzarla al meglio è un compito molto più difficile di quello che si pensi. Le emittenti possono anche venire insultate se all'interno accadono dinamiche in disaccordo con il proprio pensiero, ma questo non cambia la sostanza. Influire sì, ma non stravolgere la realtà».

Non ci va leggero Max Leggeri, conduttore di un programma radiofonico su Centro Suono Sport, secondo cui le frasi di Pallotta sono «bullshit», «cazzate». La scelta di dirlo in inglese non è casuale: «Così, mister president, il messaggio le giungerà più chiaro. Se fossimo noi ad incidere sull’esito di una stagione o sul comportamento di una squadra, dovremmo farlo anche in maniera positiva. Ahimè, questo non è accaduto. Se fosse vero, avrei dovuto indurre la squadra a vincere una decina di scudetti. Non deve venire un americano qui ad insegnare quello che i nostri avi ci hanno spiegato, la strategia della comunicazione serve solo a distrarre dal momento della squadra». Lui si definisce «uno strumento, seppur imperfetto, di misurazione dei tifosi romanisti», di certo non l’artefice di gesti e pensieri di chi va allo stadio: «I tifosi non hanno fischiato la qualificazione, ma il rendimento. È il segnale di una crescita comportamentale: non ci accontentiamo più del minimo sindacale e questo ci porterà ad avere una grande piazza come Manchester, Barcellonaà Nessuno vuole il male della Roma». Per Leggeri Pallotta «ha commesso un errore grossolano e si è fatto un clamoroso autogol. Sottolineo che a me Jim sta anche simpatico, ma gli sfugge un particolare: anche loro hanno una radio e questo certifica il suo fallimento».

Chi di esperienze radiofoniche se ne intende è sicuramente David Rossi: una carriera professionale vissuta all'interno delle emittenti private più importanti e ascoltate della capitale. Attualmente ricopre il ruolo di direttore artistico a Roma Radio, il canale ufficiale del club giallorosso arrivato al suo secondo anno di età: «Negare che le radio influiscano sugli umori dei tifosi sarebbe come negare l'evidenza. Negli ultimi anni, più o meno volontariamente, è stata creata una sorta di cultura o controcultura derivata da ciò che si ascoltava nell'etere. Poi ovviamente tutto sta nella coscienza dell'ascoltatore che attraverso i propri strumenti può scegliere e decidere. È giusto che ognuno si faccia una propria idea differenziando i programmi che vengono offerti anche 24 ore al giorno. Sono assolutamente convinto che la credibilità acquisita da uno speaker o di un giornalista che collabora all'interno di un'emittente radiofonica nasca da una scelta ben precisa del pubblico. D'altronde non potrebbe essere altrimenti. Se poi devo analizzare il momento che stiamo attraversando, probabilmente negli ultimi tempi la cosa che ho notato con maggiore frequenza è l'abitudine a situazioni paradossali vissute tra le dinamiche di Roma e della Roma. Il paradosso non può essere mai vissuto come la normalità».

(A.Serafini/E.Menghi/F.Schito)