rassegna stampa

Nainggolan: «Sto bene a Roma ma se mi chiamano Chelsea o Barcellona ci parlo»

Il 'Ninja' giallorosso si apre a 360° sulle pagine de "Il Tempo": «Derby da vincere, loro non usino la scusa delle assenze. Io alla Juve? Mai. Fossi nella Roma chi non cederei mai? Manolas e Pjanic»

Redazione

Dal terrore del Belgio all’ansia da derby, da Roma al fumo di Londra, perché finora di fumo si parla. Radja Nainggolan ama vivere e giocare senza freni. E la vita lo sta accontentando. A Il Tempo il Ninja racconta tutto. Con una sincerità difficile da trovare in un calciatore.

Che momento sta vivendo da cittadino belga?

«È una situazione brutta, cerchiamo di restare sereni perché se andiamo nel panico le cose peggiorano. Per due volte di seguito ho vissuto tutto da vicino con la Nazionale, prima con i fatti di Parigi e poi purtroppo da noi. Sarei dovuto arrivare a Bruxelles proprio quel martedì mattina e mi sarei trovato in aeroporto il giorno delle bombe. Poi per un impegno ho anticipato la partenza a lunedì sera. Ho un paio amici che lavorano a Zaventem, per fortuna stanno bene. Siamo sotto choc, un po’ di paura è innegabile che ci sia».

Si è chiesto perché il Belgio è diventato la casa dei terroristi?

«Ci sono tanti stranieri e culture diverse. A Molenbeek ci sono stato una volta da ragazzino a giocare, ma come in tutti i posti c’è chi uccide e chi ruba: ora si parla del mio Paese, purtroppo è un problema che riguarda il mondo intero».

È vero l’hanno scambiata per un terrorista?

«Sì, nei giorni seguenti all’attentato di Parigi ero in albergo a Bruxelles, tutto vestito di nero e un addetto della reception ha lanciato l’allarme: eravamo in quattro e gli siamo risultati sospetti. È arrivata la polizia, uno degli agenti veniva a scuola con me e mi ha riconosciuto: è finita a ridere».

Ha paura adesso a tornare in Belgio?

«Io vivo. Se domani devo andare, parto. Sarebbe grave il contrario perché la vita di tutti deve continuare».

La sua proseguirà nella Roma?

«Stanno scrivendo un po’ troppe cose sul mio futuro. L’ho provato tante volte sulla mia pelle: a Cagliari per cinque anni hanno parlato di una mia partenza e poi ogni estate rimanevo. Ora penso a chiudere bene qui il campionato e centrare i nostri obiettivi. Ho appena rinnovato il contratto, non per forza devo andare via. Anzi, ho dimostrato di voler restare».

La telefonata di Conte per portarla al Chelsea è arrivata?

«Non ho ancora sentito nessuno, non so neanche se è vero che mi vogliono, addirittura ho letto che avrei detto ai miei amici che vado al Chelsea, ma quando mai? La verità è che non posso parlare di cose che ancora non so».

È quell’"ancora" che fa preoccupare i tifosi.

«Se mi chiamano non ci devo parlare? Al momento sto dando tutto per la Roma come ho sempre fatto. Sono felice, la mia famiglia anche e se proseguissi qui la carriera sarei contento lo stesso. Ma se poi viene il Barcellona a cercarmi, quale giocatore direbbe che non vuole andare nella squadra più importante al mondo? Sarei scemo a sparare cavolate».

E se chiamasse la Juve?

«Ho rifiutato una loro proposta diverse volte. Mi hanno voluto e non ho mai accettato. Non mi vedo con i colori della Juve addosso. Perché? Non voglio fare polemiche. È come se dici che una ragazza non ti piace. Punto e basta. Anche prima di venire alla Roma lo pensavo».

Per questo i tifosi bianconeri le scrivono su Twitter...

«Mi vogliono offendere, in realtà mi caricano. Però quando attaccano su cose personali mi fanno male e allora rispondo. Mi possono dire che sono scarso, ma se mi tocchi la famiglia, mia madre, mi tocchi al cuore e allora bastono pure io».

Che emozione ha provato a giocare il derby da capitano all’andata?

«Non potrò mai dimenticarlo, mi ha reso orgoglioso. Io gioco tutte le partite per vincere, forse le sento anche troppo, fa parte di me».

Meglio capitano della Roma o gregario al Barcellona?

«Avere la fascia o meno è la stessa cosa, l’importante è andare in guerra per i tuoi compagni».

Che sfida sarà domani?

«Senza curva non ci sarà un clima da vero derby. Ma dobbiamo vincere anche per i tifosi, all’andata sono venuti fuori dall’albergo a incitarci. Noi ci prepariamo per batterli, siamo sereni, ma sappiamo che dobbiamo essere più concentrati perché una gara così non si può perdere».

Tutti dicono: Roma favorita e la Lazio ha troppi assenti.

«Anche noi all’andata eravamo senza sei-sette giocatori e sul campo abbiamo dimostrato il valore della nostra rosa. Troppo facile come scusa. Siamo favoriti solo perché ultimamente abbiamo fatto buoni risultati. Il derby non conta giocarlo meglio ma vincerlo e per riuscirci bisogna combattere insieme da squadra».

Pensate ancora al secondo posto?

«Siamo un po’ lontani, se volessimo pensare al secondo posto tanto vale puntare al primo visto che Juve e Napoli sono vicine fra loro. Ora cerchiamo di mantenere il vantaggio sulle squadre dietro, poi se quelle davanti sbagliano proveremo ad approfittarne».

Juve e Napoli sono più forti di voi?

«Penso di no visto che abbiamo pareggiato al San Paolo e battuto in casa la Juve. Loro hanno avuto più continuità, ma non siamo più scarsi. Purtroppo abbiamo sbagliato alcune partite».

Spalletti meglio di Garcia?

«Sono due grandi allenatori. Spalletti è più "tosto", cura di più la fase difensiva per poi ripartire con gli inserimenti mentre Garcia puntava al pressing alto con tutta la squadra. Al momento la nuova metodologia di lavoro è più alla nostra portata, lo dicono i risultati. Però se iniziassimo di nuovo a perdere si farebbero altri discorsi».

Dal numero dei falli ora sembrate più decisi.

«Quando cambia l’allenatore vuol dire che qualcosa non va. Abbiamo sbagliato noi calciatori e forse l’abbiamo capito tardi. Di sicuro i nostri atteggiamenti sono cambiati: se continuavamo così ci saremmo fatti del male».

Ammette che la Juve ha una mentalità migliore della vostra?

«Oggi è troppo facile dirlo, magari la colpa è nostra perché pensavamo che fosse più semplice restare avanti a loro in classifica. Ci siamo rilassati, credevamo di vincere a prescindere le partite invece quando prendi una botta è difficile ripartire».

Servirebbe Higuain?

«Ogni palla che tocca è gol, è un grande attaccante. Ma noi abbiamo Dzeko, che per me è un grandissimo. Il campionato italiano non è semplice e anche lui aveva bisogno di tempo per adattarsi. Edin nel gruppo sta bene, lo vedo sereno, poi quando il gol non arriva diventa difficile. Ma abbiamo bisogno di come gioca e di come fa salire la squadra. Fuori si riduce tutto ai numeri, però bisogna anche parlare della prestazione: se ti fa andare in porta nove volte su dieci con inserimenti da dietro, significa che ha fatto una gran partita».

Sta provando a convincere Pjanic a restare?

«È un giocatore elegante, mi trovo bene con lui dentro e fuori dal campo. Parlare di offerte, di prezzi è il vostro lavoro, ma sono cose che non sappiamo neanche noi. Quando apre il mercato si vedrà, oggi non si può dire "vado là o vado qua". Non si sa mai che può accadere, ma finché restano voci... Io non ho sentito nessuno e anche lui lo vedo sereno».

Se fosse Sabatini, quale giocatore non cederebbe mai?

«Ne dico due: Pjanic e Manolas. Kostas è un rompiscatole, ma un difensore così è difficile da trovare. Dopo Benatia abbiamo trovato uno altrettanto forte, se Manolas usa bene il cervello può diventare uno dei migliori. Il problema è che non lo usa!».

Strootman sta meglio?

«Molto bene, deve solo riabituarsi a certe velocità di gioco. Tornerà alla grande».

Con lui e gli altri più Gerson il prossimo anno avrete un centrocampo super.

«Gerson non lo conosco benissimo, ci siamo allenati insieme qualche giorno, però dicono tutti che è tanto forte. Avrà bisogno di ambientarsi, è ancora giovane».

Iturbe può rinascere se torna?

«Ha tante potenzialità, ma non le ha mai sfruttate fino in fondo. Quando arrivi qui come il colpo del mercato e non vai al massimo le cose ti si ritorcono contro. Però possiamo "recuperarlo"».

Le dispiacerebbe se andasse via Sabatini?

«Mi ha voluto lui, è una bravissima persona e ha portato alla Roma giocatori importanti. Purtroppo non è il "capo": non so che problemi abbia con Pallotta e se resterà qui».

A proposito del "capo", che rapporto ha col presidente?

«È un simpaticone, scherza, ride, ma non vedendolo spesso non posso parlare di un vero e proprio rapporto. Ero abituato con presidenti sempre presenti in sede, per me è un po’ strano. Ma vedo che la società funziona bene, ha introdotto tante novità e significa che qualcosa di buono Pallotta la sta facendo».

La situazione di Totti come la vive?

«Lo vedo allenarsi serenamente e non viene a dire me o alla squadra dei suoi problemi, tantomeno io vado a chiedergli cosa succede. Ha un nome importante a Roma, spero che tutto si risolva al meglio per lui perché la sua presenza nel gruppo si sente e ci fa stare bene».

Il capitano può giocare un altro anno?

«Non è più giovane, oggi se gli chiedi di dribblare venti giocatori non ce la fa, ma ha una tecnica che non si può mettere in discussione. Non ho mai giocato insieme a uno così forte».

Andrà avanti anche lei fino a 40 anni?

«No, io non arriverò nemmeno a 35».

In passato si è definito un "giocatore da discoteca". È ancora così?

«Il nostro lavoro è fare il calciatore, allenarsi due ore al giorno e prepararsi al massimo. Non devo andare a dormire alle 10 per stare bene, non c’è niente di male se dopo mi faccio un "giretto". Certo che esistono i momenti più opportuni, se i risultati vanno male non mi trovate la sera nei locali».

Spalletti che ne pensa?

«Tutti sanno come vivo. Non è che sto quattro giorni a settimana in discoteca. Bevo una cosa con gli amici dopo la partita, magari si allunga l’orario e non ci vedo nulla di strano. Bisogna anche godersi la vita, se mi chiudo nelle mura di casa per 24 ore mi stresso e magari non rendo in campo. Poi se un giorno dovessi accusare dei problemi fisici mi adeguerò, ma oggi non trovo sbagliato il mio modo di vivere».

È vero che frequenta anche locali normali e non solo "da calciatore"?

«Sì, io non devo mostrarmi e far vedere che ci sono, vado in posticini dove mi diverto lo stesso. Gli altri non li conoscono, io sì!».

È soddisfacente il panorama notturno romano?

«Stiamo un po’ indietro...».

Szczesny ha detto che lei è il più matto del gruppo.

«Vado d’accordo con tutti, provoco, sto allo scherzo. Vivo più qui che a casa e se i compagni dicono questo di me mi fa piacere. Il gruppo è bellissimo, non ci sono mai problemi fra di noi. Si parlano tutte le lingue e ognuno può conoscere la cultura dell’altro».

Anche il mister parla inglese?

«Insomma... potrebbe fare meglio».

Il giocatore più antipatico che ha affrontato?

«Hetemaj del Chievo: sta sempre per terra a protestare».

E se deve dirne uno della Lazio?

«No, non mi vengono neanche in mente».

Lo scorso anno è circolato un file audio in cui criticava dei compagni.

«È vero, sono cose che si dicono tra amici, ho sbagliato, ma non avevo un intento cattivo. Mi è servito a capire quanto è pericoloso l’ambiente, lo hanno trasmesso in radio!».

Come va il negozio di abbigliamento che ha aperto a Roma?

«A me e mia moglie piace la moda, abbiamo trovato una persona che ci aiuta e ci stiamo divertendo. Non puntiamo certo a diventare ricchi con questa attività, è un bello "sfogo" anche per Claudia che così non deve stare tutto il giorno a casa».

Come si vestono gli italiani?

«In generale molto male, ma alcuni si sanno vestire».

Lo stile migliore ce l’hanno a Londra?

«Ci sono andato giusto un paio di volte... penso che a Milano stiano avanti. Ma non vado all’Inter eh! Tifavo per loro da bambino, ma ora non vedo perché dovrei trasferirmi lì. Ho raggiunto un accordo con la Roma parecchio tempo prima di arrivare qui e avevo tanta voglia di vestire questa maglia. C’è uno stadio grande, bei tifosi, qui puoi ricevere tanto». E per Radja non è mai troppo.

(A. Austini - A. Serafini)