“Ho imparato a piangere meno e a vivere la realtà delle cose". José Mourinho prova a farsene una ragione e a guardare avanti, perché il calendario non aspetta Dybala e gli altri infortunati, scrive Alessandro Austini su Il Tempo.
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Mourinho stimola gli altri: “Ho imparato a piangere meno”
Adesso c’è una qualificazione ancora tutta da conquistare in Europa League e una posizione in campionato da difendere o se possibile migliorare fino alla sosta. Stasera alle 18.45 contro il Betis è un vero spareggio per la Roma, che in caso di un’altra sconfitta e di un concomitante successo del Ludogorets sull’Helsinki non sarebbe più padrona del suo destino.
“Possiamo ancora arrivare in tutte le posizioni – dice l’allenatore giallorosso nella conferenza all’Estadio BenitoVillamarin – ma c’è una differenza gigante tra finire primi o quarti. Se dovessimo battere il Betis sarebbe comunque complicato vincere il girone, ma possiamo qualificarci".
Mourinho chiede più ” disciplina” alla squadra: “Le grandi partite che abbiamo fatto in questo anno e mezzo – spiega – sono quelle in cui abbiamo avuto più concentrazione e organizzazione. Pochissime volte abbiamo vinto grazie a qualche singolo che è uscito dagli schemi”.
A maggior ragione senza Dybala e Zaniolo, bisognerà fare una partita di squadra. “Segniamo troppo poco rispetto a quanto produciamo – prosegue l’allenatore – ma arriverà il momento in cui avremo più efficacia: ci sarà un avversario che pagherà tutto questo in una gara in cui costruiremo quattro occasioni e faremo altrettanti gol. Non voglio parlare di Abraham, altri come lui stanno passando un momento simile, ci mancano i gol ma non importa di chi. I giocatori più offensivi non hanno giocato praticamente mai tutti insieme, ora senza Dybala è ancora più difficile. Ma mi fido di tutti gli altri e sono fiducioso".
Al suo proposito di “piangere meno” a un certo punto fa una deroga, ribadendo un concetto espresso più volte: “Ci sono le squadre ricche che possono giocare ogni tre giorni cambiando sempre i calciatori, ci sono quelli meno ricchi come noi ma ambiziosi, che hanno lo stesso numero di partite e vanno in difficoltà. E poi ci sono i poveri che scendono in campo una volta alla settimana".
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