(Il Tempo - S. Mannucci) Le canzoni non appartengono a chi le compone: sono patrimonio di chi le «adotta» e le intona a squarciagola. A maggior ragione se divengono degli «evergreen» che segnano le stagioni, senza mai perdere il proprio potere evocativo. Se poi si tratta di inni calcistici, l’autore si metta il cuore in pace: sono le curve a decretare la sorte di un brano, rivendicandone la proprietà «emotiva», perché è a loro che appartiene, non alla popstar che l’aveva scritto. A Venditti si vuol bene come cantautore e come romanista, ma stavolta sbaglia: c’è chi sospetta che dietro la sua richiesta di far disconoscere «Roma, Roma, Roma» come preludio alle partite casalinghe vi sia una personale querelle con la nuova proprietà. Vero o falso che sia, è in questo momento di drammatica transizione verso non si sa bene cosa, che i tifosi più carismatici hanno il dovere di riconfermare la propria fede, senza ridicole «dimissioni» (la passione non prevede autolicenziamenti, caro Amendola), né il ritiro delle opere dedicate ai giallorossi. Proprio perché «non lo trova più identificativo» della squadra che conosceva lui, Antonello dovrebbe cantarlo con più forza e coraggio. C’è bisogno di punti fermi, di simboli ai quali ancorarsi. Cambiato lo stemma, con una società nel guado, il mercato nelle secche e i laziali che ancora ci ballano intorno, ci manca solo di farci strozzare in gola l’Inno per sentirci depredati delle nostre sicurezze e orfani di ogni speranza. Alzate il volume, invece.
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Le canzoni patrimonio di chi le «adotta»
(Il Tempo – S. Mannucci) Le canzoni non appartengono a chi le compone: sono patrimonio di chi le «adotta» e le intona a squarciagola. A maggior ragione se divengono degli «evergreen» che segnano le stagioni,
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