I soldi sono già in cassa. Da tempo. Perché senza i «finanziamenti» della proprietà mista americani-Unicredit la Roma non sarebbe potuta andare avanti nei primi anni della nuova gestione. Adesso, dopo diversi rinvii tecnici, quel gruzzolo da 100 milioni si appresta a essere convertito in «capitale».
rassegna stampa
L’aumento di capitale e l’uscita dalla Borsa
I soldi sono già in cassa. Da tempo. Perché senza i «finanziamenti» della proprietà mista americani-Unicredit la Roma non sarebbe potuta andare avanti nei primi anni della nuova gestione.
L’operazione parte ufficialmente oggi con la pubblicazione sui giornali del prospetto e da lunedì tutti i soci potranno esercitare i diritti d’opzione sulle nuove azioni al prezzo fissato di 0,377 euro. La società Neep partecipata da Pallotta (9%), il consorzio Usa (60%) e la banca (31%) ha già garantito la copertura dell’intera ricapitalizzazione. Precisamente 99 milioni 922mila 565,2 euro. L’importo che sarà effettivamente «tratto» dai soldi già immessi dalla proprietà dipende da quanti piccoli azionisti parteciperanno all’aumento. Lo scopriremo il 18 luglio, termine dell’offerta, poi ci sarà il passaggio obbligato sul mercato per altri cinque giorni da effettuare entro un mese. La Roma intende farlo subito, quindi a fine luglio l’operazione sarà conclusa e il nuovo assetto verrà definito.
Secondo i calcoli sulle proporzioni eseguiti tra Trigoria, Boston e piazza Cordusio è quasi impossibile che Neep supererà la «fatidica» quota del 90% nell’azionariato di As Roma. In quel caso la legge italiana imporrebbe al socio di riferimento di lanciare un’Opa obbligatoria sul mercato per poi giungere al «delisting». Uno scenario possibile solo se l’aumento di capitale andasse deserto o quasi.
Quindi la Roma si appresta a rimanere in Borsa, almeno fino al prossimo aumento di capitale che potrebbe coincidere con l’ingresso di un nuovo partner. Dopo il passo indietro dei cinesi di Hna, la ricerca da parte degli uomini di Pallotta non si è interrotta, così come resta intatta la volontà (necessità?) di Unicredit di uscire dal club o comunque di ridurre sensibilmente la sua quota. Ma come è logico che sia, un socio pronto a investire senza potere decisionale non è facile da trovare.
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