Giù le mani dalla Roma.L’avvertimento lanciato dalla tifoseria dopo gli errori di Banti a Torino è condiviso, a voce molto più bassa, dai dirigenti. Se prima c’era preoccupazione per qualche episodio arbitrale «strano» capitato nelle partite delle concorrenti Juventus e Napoli, ora la squadra di Garcia ha provato sulla sua pelle cosa significa essere frenata da errori altrui.
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Incontri casuali e cene galeotte
Giù le mani dalla Roma.
Scoprire il giorno dopo che il «fischietto» di Livorno ha trascorso la serata nello stesso ristorante - la «Lampara - dove festeggiavano Ventura e i giocatori del Torino, ha riportato alla mente dei romanisti le dinamiche torbide di qualche anno fa. In questo caso Banti, Damato e gli altri assistenti erano seduti in un tavolo separato e in un’altra saletta rispetto a quella del tecnico, ma hanno deciso di salutarlo dopo cena.
Ogni arbitro alla fine di un match sa come lo ha diretto, quali errori ha commesso, chi si lamenterà e chi invece è rimasto soddisfatto. Domenica, quindi, Banti non si è fatto scrupoli prima di salutare il mister del Toro. Che, è bene sottolinearlo, ha cenato per conto suo con familiari e amici, tra cui Jimmy Ghione di Striscia la Notizia. E non è stato certo Ventura a cercare l’arbitro.
La raccomandazione dall’alto per i direttori di gara è quella, se possibile, di evitare incontri ravvicinati con dirigenti, allenatori e tecnici dopo le partite. Soprattutto in pubblico, a maggior ragione in un ristorante dove molto spesso si radunano le squadre. Una consegna che non tutti rispettano.
In passato ci stavano più attenti: sono servite le intercettazioni per scoprire le riunioni vietate tra giacchette nere e i potenti del calcio. Persino l’insospettabile Collina c’è cascato. In una telefonata con Meani, addetto agli arbitri del Milan, dopo la gara col Siena del 2004-05 i due si accordano per una cena da organizzare con Galliani «perché - dice Meani - Galliani vuole conoscere il Collina-pensiero». Collina, però, si fa molti scrupoli sul luogo. «E se ci mandano un fotografo? Basta un dilettante». L’albergo Palace no, «meglio evitare - spiega Collina- perché con tutto quel viavai...», a casa di Galliani neppure, «io e lui siamo riconoscibili». E allora perché non vedersi al Lodi, il ristorante di Meani dove chissà quanti si sono seduti in quei tempi. Collina approva: «L'ideale è da te». E il milanista promette: «Cucino io».
Ai tempi di Calciopoli era lo stesso designatore Bergamo a organizzare gli incontri. «Nel 2004/05 - ha raccontato testimoniato spontaneamente nel 2010 durante il processo a Napoli - stavo per ritirarmi e decisi con mia moglie che quando fossero venute a giocare a Livorno Inter, Juve e Milan, avremmo potuto organizzare delle cene con Facchetti, Galliani e Moggi, amici che conosco da 35 anni. Così a gennaio telefonai a Facchetti che stette a cena da me. Lo stesso feci con Galliani ma mi spiegò che essendo candidato alla presidenza della Lega la cosa poteva essere mal interpretata e declinò. A fine campionato, con la Juve già campione, chiamai Giraudo chiedendo se fosse un problema per lui la presenza di Innocenzo Mazzini. La cena ci fu – ha ricordato – con la mia casa circondata dai carabinieri ma i regolamenti non vietavano questo tipo di incontri».Tutto normale, insomma, figuriamoci un saluto dopo cena.
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