rassegna stampa

Gradinate devastate, erbacce ovunque e cancelli usati per stendere i panni: fallita la rinascita dello stadio Flaminio

Disattese le promesse fatte da Comune di Roma e Figc dopo aver raggiunto un accordo secondo il quale il calcio avrebbe organizzato diverse iniziative per rendere sempre attivo l'impianto romano.

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Sorridevano a braccetto Ignazio Marino e Giovanni Malagò, il 15 dicembre scorso, alla presentazione della candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024. Peccato che soltanto tre giorni dopo, il 18, davanti al tribunale civile si sarebbe consumato l’ennesimo atto di un lungo braccio di ferro con protagonisti proprio il Comune di Roma e il Coni, e al centro un impianto sportivo diventato in questi anni, suo malgrado, emblema di annunci irrealizzati e sprechi di denaro pubblico: il glorioso e ormai fatiscente stadio Flaminio.

Mettiamo ordine, torniamo all’ottobre del 2013 quando il proclama risuonò sui media: lo stadio Flaminio, ristrutturato cinque anni prima con 9 milioni di euro pubblici per le esigenze del rugby e abbandonato quasi subito a una vergognosa decadenza, sarebbe rinato grazie a un accordo tra comune di Roma e Figc. Tanti i progetti sbandierati: dalla Casa dello Calcio con tanto di museo agli spazi riservati a calcio femminile e giovanile. Più di un anno dopo quel patto, voluto dall’ex assessore allo sport Luca Pancalli e sostanziato nella delibera con cui a febbraio il Campidoglio ha regalato senza gara lo stadio alla Figc, è già carta straccia. L’impianto è in condizioni peggiori di prima, la Figc non ha avviato alcuna delle iniziative ventilate, ma la notizia è un’altra: l’affidamento della giunta Marino sarebbe stato fatto sulla base di una generica manifestazione d’interesse contenuta in una lettera firmata dall’ex presidente della federazione calcistica Giancarlo Abete, senza alcun progetto concreto né impegno vincolante. Per questo il successore, Carlo Tavecchio, dopo un po’ di melina ha comunicato al Campidoglio che la Figc non è più interessata all’impianto.

Uscito di scena (senza mai esservi davvero entrato) il calcio, tramontata anche la manifestazione d’interesse della Polisportiva Lazio che era giunta a Pancalli senza però approdare negli uffici del Dipartimento Sport, nel frattempo si è aggravata la diatriba tra Roma Capitale e il precedente gestore del Flaminio, cioè il Coni o meglio la Coni Servizi. Quest’ultima ha chiesto di restituire l’impianto al Comune, rifiutandosi però di firmare un «verbale di consistenza», cioè un atto ufficiale che descrivesse le condizioni dei luoghi al momento della riconsegna con relativa presa in carico dei danni. Il Campidoglio ha quindi deciso ricorrere al Tribunale civile per un accertamento tecnico preventivo, cioè la nomina di un perito in grado di certificare in modo imparziale lo stato attuale del Flaminio. Il 18 dicembre scorso c’è stata appunto l'udienza di nomina.

Due giorni prima, il 16 dicembre, ci sarebbe stata una telefonata di Malagò a Marino, nella quale il presidente del Coni avrebbe cercato di sbloccare l’impasse, chiedendo al Comune di riprendere in consegna l’impianto senza far tracimare la querelle in un sede civile. Marino avrebbe dunque contattato l’Ufficio Patrimonio, che però non si è presentato nel giorno fissato per la riconsegna dello stadio, scaricando la responsabilità della questione sull’Ufficio Sport, nonostante quest’ultimo non abbia mai avuto in carico l’impianto.

Una nuova udienza era stata fissata per fine dicembre, ma proprio ieri il Comune ha deciso di gettare la spugna, e di riprendersi dal Coni l’impianto nelle condizioni in cui si trova, nonostante la delibera 170 del 2006 preveda che un concessionario di impianti sportivi debba restituire il bene affidato in stato di perfetta manutenzione. Dopo lunga ed estenuante impasse, insomma, tutto è stato risolto proprio un attimo prima che il nuovo assessore allo sport del Comune Paolo Masini assumesse la delega. Contestualmente è stata affidata la custodia del Flaminio a una cooperativa sociale. La situazione dell’impianto, nell’anno che doveva sancirne la rinascita, si è nel frattempo aggravata ulteriormente: devastato dalle erbacce, con i bagni distrutti e le gradinate in pezzi, usato come stenditoio dai senzatetto della zona, è stato abbandonato anche dalle federazioni che negli ultimi tempi usufruivano di parte delle strutture. E anche i mobili, gli arredi e le suppellettili comprati con i soldi dell’appalto del 2009 sono stati razziati.