Tra gli aiuti eccellenti strappati da Claudio Lotito per garantire la salvezza alla Lazio nel campionato 2004-2005 ci fu anche quello di Gianfranco Fini. È una delle verità giudiziarie scolpite dalla Cassazione nelle motivazioni alla sentenza sul processo Calciopoli.
rassegna stampa
Gli «aiuti» di Fini per salvare la Lazio dalla retrocessione
Nelle motivazioni di «Calciopoli» spunta pure l’ex presidente della Camera «Per evitare la retrocessione del club interventi di persone estranee al calcio»
Oltre alla «congerie di telefonate compromettenti» e di «pressioni» esercitate dal patron della Lazio «sul mondo arbitrale», gli «Ermellini» scrivono chiaramente che nell’evitare la retrocessione del club «avevano avuto esiti positivi interventi di persone estranee all’ambiente calcistico quali» Cosimo Maria Ferri, attuale sottosegretario alla giustizia, e Gianfranco Fini, l’ex presidente della Camera - tifoso biancoceleste - che nel 2005 era ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio.
La Cassazione, nelle 139 pagine che hanno messo il sigillo alla lunga e controversa vicenda di Calciopoli, vedono nelle le «sviste arbitrali» in «favore della società romana» durante le partite Lazio-Chievo e Lazio-Parma il frutto degli sforzi di Lotito. E anche se il processo al patron laziale si è concluso per prescrizione ancora prima di giungere davanti alla Suprema Corte, si soffermano sulle «prove inequivocabili» dei suoi interventi sul mondo delle giacchette nere «in un contesto di lotte intestine per la nomina a Presidente della Figc tra l’uscente Franco Carraro e l’aspirante emergente Giancarlo Abete». Sottolineando anche come l’allora vice presidente della Figc, Innocenzo Mazzini, sia stato intercettato mentre assicurava a Lotito che la sua «mediazione» era riuscita ad assicurare alla Lazio un occhio di favore da parte dei designatori arbitrali Bergamo e Pairetto.
Le «manovre pressorie» di Lotito e il suo comportamento vengono definiti «fenomeno degenerativo». Nessuno sconto neanche ai fratelli Della Valle, che per salvare la Fiorentina - scrivono i giudici - vanno infine «a Canossa», ovvero si «accostano a quel sistema di potere che li aveva emarginati e in definitiva danneggiati: non dunque con il proposito di garantirsi l’imparzialità delle decisioni arbitrali per riparare ai presunti torti subiti in precedenza, ma una sorta di accondiscendenza versa un sistema di potere che li garantisce per il futuro attraverso scelte arbitrali oculate pilotate».
(M.Villosio)
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