rassegna stampa

Giacomelli, processo a giugno. I tifosi rivendicano un “danno patrimoniale”

Alcuni professionisti "appassionati della SS Lazio" avrebbero deciso di portare l'arbitro in tribunale

Redazione

Quando un rigore non fischiato, un’espulsione ritenuta ingiusta e un erroneo utilizzo della Var finiscono dentro un’aula di tribunale, si crea un precedente che potrebbe riscrivere il rapporto tra le tifoserie e gli arbitri. È una storia destinata a far discutere quella nata intorno alle decisioni arbitrali adottate durante la partita tra Lazio e Torino. Perché le scelte adottate dai "signori Piero Giacomelli della Sezione di Trieste e Marco Di Bello della Sezione di Brindisi, rispettivamente quali direttore di gara e Video Assistance Referee (Var)", hanno varcato i cancelli dell’Olimpico e verranno giudicate da un giudice del tribunale civile di Roma. Il processo che inizierà il prossimo giugno nasce dal silenzio dei due arbitri davanti all’invito alla negoziazione assistita firmato dallo studio legale Previti, in nome di un gruppo di tifosi biancocelesti. Nell’atto si chiedeva sostanzialmente di risolvere la controversia per evitare di "adire l’autorità giudiziaria". E visto che nessuna risposta è pervenuta, gli undici tifosi hanno mantenuto la parola data, citando in giudizio Giacomelli e Di Bello. Non si tratta di ultras scatenati, ma di riconosciuti professionisti, di "appassionati della squadra di calcio S.S. Lazio", si legge negli atti che narrano di come quel gruppo di tifosi abbia assistito "in data 11 dicembre 2017 all’incontro Lazio-Torino". In quell’occasione "l’Associazione Italiana Arbitri designava, per dirigere la partita, i signori Piero Giacomelli della Sezione di Trieste e Marco di Bello della Sezione di Brindisi, rispettivamente quali direttore di gara e Video Assistance Referee (Var)". Il primo tempo stava per terminare quando "al minuto 43:10 del primo tempo di gioco, quando le squadre erano ancora ferme sul risultato parziale di 0-0, il signor Giacomelli non sanzionava, con il calcio di rigore in favore della Lazio, un evidente tocco con la mano, dentro la propria area di rigore, del calciatore del Torino Iago Falque". Il gioco era proseguito e tutti pensavano che, appena possibile, venisse adoperato il Var. "L’azione proseguiva – ricordano gli avvocati Stefano Previti e Flaviano Sanzari – con il calciatore della Lazio Milinkovic Savic che serviva il compagno di squadra Immobile in area, il quale si liberava e colpiva il palo. Il giocatore del Torino Nicolàs Andrès Burdisso, senza alcun apparente motivo, si avvicinava con atteggiamento minaccioso ad Immobile, tentando di colpirlo con una testata e l’altro, al fine di evitare il contatto fisico, lo urtava con la propria spalla destra". A questo punto la tecnologia era entrata in gioco, ma l’unico a rimetterci era stato Immobile: espulso. Tutto ciò avrebbe alterato "il regolare corso del gioco" (la partita era terminata con la vittoria del Torino per 3 a 1), causando ai denuncianti un senso di "frustrazione e rabbia derivanti dall’aver partecipato, inermi, alla ingiusta penalizzazione della propria squadra". Inoltre si tratta di «titolari di una specifica situazione giuridica soggettiva che trova origine  nel titolo rappresentato dal biglietto della partita o dal contratto con la pay tv". Insomma i due arbitri avrebbero "leso proprio la suddetta situazione giuridica di cui gli attori sono titolari sia in violazione del legame, per così dire, da “contatto sociale” sussistente fra gli arbitri e gli spettatori della gara da essi diretta, sia in ogni caso in violazione del principio del neminem laedere". In pratica, essendo gli arbitri «tra i principali attori di un vero e proprio spettacolo sportivo che coinvolge, oltre che enormi interessi economici, la passione di chi, pagando un biglietto o un abbonamento alla pay tv, si aspetta di assistere ad un evento degno di tale spettacolo», avrebbero arrecato ai tifosi "un danno non patrimoniale", che sarebbe quantificabile in 600 euro. "La speranza – commenta l’avvocato Stefano Previti – è che questa iniziativa contribuisca a rafforzare principio di responsabilità in maniera arbitrali". "I direttori di gara – continua il legale – sono ben pagati per svolgere un compito giusto, assumendosi responsabilità. Se il loro operato non è efficiente è giusto che rispondano civilmente». Al pari di un dottore o di un giornalista gli arbitri possono ledere diritti altrui e venire quindi denunciati. "Se questo principio di responsabilità venisse affermato – conclude l’avvocato – il sistema calcio farebbe un passo avanti. Questa è un’iniziativa importante, al di là del fatto che vengono contestati casi specifici che sono stati clamorosi e hanno un qualcosa in più rispetto ai classici errori arbitrali".

(Il Tempo)