rassegna stampa

Eppure Nicola e James s’erano tanto amati

All’inizio non è che i rapporti fossero proprio idilliaci, poi a metà settembre 2016 arriva la grande stretta di mano di fronte alla stampa

Redazione

S’erano tanto amati, il presidente uscente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, in corsa per la riconferma, e il presidente giallorosso, James Pallotta. Forse Pallotta magari Zingaretti ancora lo ama, scrive Il Tempo, e probabilmente, sarà stato reso abbastanza edotto dalla dirigenza societaria italiana per comprendere quanto poco valore abbiano le dichiarazioni di politici rese in campagna elettorale in special modo nelle ultime ore che precedono il voto.

Per Zingaretti, invece, la cosa sarà diversa e, qualora riconfermato, dovrà comunque spendere un po’ di diplomazia per ricucire col patron giallorosso. All’inizio non è che i rapporti fossero proprio idilliaci: sono migliorati con il tempo. È noto quanto poco fossero gradite le ripetute visite di Pallotta a Ignazio Marino, quando era sindaco, con una silenziosa indifferenza verso il palazzo del Governatore della Regione. Le cose, poi, sono cambiate quando, dopo il 22 dicembre 2014 data dell’approvazione della delibera di pubblico interesse da parte del Consiglio comunale dell’era del Chirurgo genovese, la palla si sapeva che sarebbe finita alla Regione. Cui la legge assegna il compito, in presenza di una variante urbanistica da approvare, di gestire la Conferenza di Servizi decisoria. Ecco, quindi, che, dopo l’anno e mezzo di silenzio in cui iprogettisti di casa giallorossa hanno redatto la prima bozza e poi la versione definitiva del “progetto Marino“, a metà settembre 2016 arriva la grande stretta di mano di fronte alla stampa.

Zingaretti e Pallotta si incontrano nella sede della presidenza della Regione in via Cristoforo Colombo: champagne per tutti. Scenario analogo pochi mesi dopo, a metà marzo 2017. Lo stesso giorno Pallotta incontra prima la Raggi, poi Zingaretti. Ancora champagne spettacolo. Ma lì, forse, Pallotta ne aveva ben donde visto che, da un mese, era saltato Paolo Berdini, chiamato dalla Raggi a guidare l’urbanistica romana e contrario al progetto Stadio e che, da meno di 20 giorni, il direttore generale giallorosso (e proconsole di Pallotta a Roma), Mauro Baldissoni, aveva concluso, il 24 febbraio, l’accordo con il Sindaco per il nuovo progetto (la “versione Raggi” senza torri e con opere pubbliche tagliate). E, ancora, più volte Zingaretti si era esposto, spesso con critiche per nulla velate dirette verso il Campidioglio, sul progetto Stadio tanto caro a Pallotta, creando, quindi, un asse di fatto fra Boston e via Cristofono Colombo.

L’ultima di queste grandi esposizioni di Zingaretti fu nei giorni caldi della Conferenza di Servizi decisoria, a inizio dicembre scorso. Era il giorno in cui il ministro allo Sport, Luca Lotti, «con una telefonata» sbloccò l’impasse legata al Ponte di Traiano promettendo l’impegno del Governo a finanziare l’opera. Un impegno che, a oggi, è rimasto di fatto su carta, vittima forse della troppa precipitazione elettorale a voler chiudere a tutti i costi la querelle con il Campidoglio senza tenere in troppo conto le norme legate al finanziamento statale delle opere private.