Accantonati temporaneamente i quesiti in merito all’iter scelto da Regione e Comune per tener vivo, in una sorta di accanimento terapeutico, il procedimento di approvazione dello Stadio della Roma di Tor di Valle, vi sono ancora svariati scogli sui quali il progetto della futura casa giallorossa può arenarsi. La prima- troppo facilmente dimenticata- è la questione archeologica. Fra le prescrizioni assegnate al progetto definitivo modello Marino e recepite anche nella delibera Raggi sul pubblico interesse, vi era quella dell’obbligatorietà di compiere, per i proponenti, una seria e approfondita campagna di scavi archeologici, poiché i 19 sondaggi eseguiti in occasione dei "carotaggi" per lo studio del sottosuolo, non erano stati considerati sufficienti. Secondo quanto emerso da studi e precedenti scavi condotti nell’area nonché proprio da quei 19 carotaggi eseguiti prima di stendere il progetto definitivo versione 2016, non dovrebbero emergere grandi sorprese dal sottosuolo. Al momento, infatti, un solo scavo, in prossimità della via Ostiense all’altezza della stazione Tor di Valle della Roma-Lido, ha prodotto piccoli frammenti di cocci che testimoniano l’esistenza di una "superficie di calpestio", cioè una cantina o una piccola strada o simili. In genere la Soprintendenza chiede una "copertura a campione", oscillante fra il 10 e il 20% della superficie totale, che può arrivare fino alla quota geologica. In termini temporali (come avvenne a Massimina, area un po’ simile) si può arrivare a una campagna che supera abbondantemente un anno di tempo. Infine, per quanto remoto sia, non si può escludere che possa spuntare fuori qualche reperto, visto che quella era la direttrice da e per Ostia e il suo porto. Poi vi sono le possibilità che i Vigili del Fuoco, la Prefettura e la Questura possano avanzare dubbi sul sistema stradale di arrivo e uscita dall’area dello Stadio.
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Ecco le trappole per lo stadio
Ci sono ancora svariati scogli sui quali il progetto della futura casa giallorossa può arenarsi
La versione Raggi del pubblico interesse, infatti, pur di "tagliare" le cubature deciso di rinunciare al Ponte di Traiano (quello progettato dalla Roma, sull’autostrada Roma-Fiumicino a Parco de’ Medici, dal costo di 95 milioni di euro) ritenendo che il Ponte dei Congressi (all’altezza di viale Isacco Newton, progettato e pagato dallo Stato con 140 milioni di euro) possa essere sufficiente ad assorbire i volumi di traffico che si generano con un incontro di calcio. Allo stesso modo, la Giunta Raggi ha deciso di accantonare l’idea di Marino di creare una diramazione della metro B in favore di un (poco chiaramente) quantificato investimento sulla Roma-Lido di Ostia. Gli assessori all’Urbanistica, Luca Montuori, e alla Mobilità, Linda Meleo, hanno citato più volte studi sul traffico del Campidoglio a sostegno di queste due scelte (Ponte dei Congressi e Roma-Lido). Il Tempo ha più e più volte richiesto questi studi senza successo. Ora, il vecchio progetto "versione Marino", valutato in Conferenza di Servizi, comprendeva il Ponte di Traiano e la Metro B che saltano nella nuova "versione Raggi". La vecchia versione, da un punto di vista di accessibilità allo stadio era stata approvata. A questo punto, però, gli stessi uffici dovranno necessariamente effettuare una nuova valutazione della capacità reale della nuova rete infrastrutturale di assorbire il traffico di una partita di calcio con la sola via del Mare/Ostiense ristrutturata. Anche perché, rassicurazioni a parte, l’assenza di tempistiche certe sulla realizzazione del Ponte dei Congressi e sulla ristrutturazione di base della Roma-Lido rende prevedibile almeno un biennio in cui lo Stadio sarà aperto ma queste due opere no.
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