Prefetti contro. Il derby accende anche la sfida tra Franco Gabrielli e Francesco Paolo Tronca. La materia di discussione è la sicurezza per la partita che almeno due volte l’anno trasforma Roma in una città blindata e, se il primo non nasconde la preoccupazione per quello che potrebbe accadere intorno all’Olimpico, il nuovo commissario della Capitale - a Milano per la consegna del premio Voloire - lo rimprovera per aver mostrato il fianco.
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Derby, sfida della paura. Scontro tra prefetti
Mentre Gabrielli non nasconde la preoccupazione per quello che potrebbe accadere intorno all’Olimpico, Tronca lo rimprovera per aver mostrato il fianco
«La preoccupazione in un prefetto non deve esserci mai, perché altrimenti alla fine si trasforma in negatività. Un prefetto - ha sottolineato Tronca - non deve mai avere atteggiamenti trionfalistici, deve con grande umiltà sempre approcciare i problemi, ma deve avere davanti soltanto una cosa: il senso, il significato e la consapevolezza della propria responsabilità. Gabrielli è un collega di assoluto valore e devo dire che c’è stata sempre un’intesa meravigliosa, quindi io sono soltanto contento di poter riprendere a lavorare con un vero amico». Che ha scelto però una via di comunicazione senza filtri: «Io - ha ammesso Gabrielli ai microfoni di Radio Radio - non sono serenissimo. Purtroppo anche nello scorso derby, che è stato fatto senza barriere e per cui abbiamo impiegato 1.700 uomini, ci sono stati due accoltellati, incidenti a Ponte Milvio e cariche». Il rischio di una contestazione lunga 90 minuti attorno allo stadio semi-vuoto non può che inasprire i ricordi, ma tra le tante premesse negative il prefetto di Roma trova anche un pizzico di fiducia: «Io sono un inguaribile ottimista e confido nel fatto che alla fine prevalga il buon senso, anche se purtroppo in alcuni settori il buon senso non ha cittadinanza. Noi ci stiamo attrezzando e gestiremo la situazione al meglio delle nostre possibilità e capacità. È chiaro che se questi signori pensano che l’unica logica sia quella dello scontro credo che siano destinati non solo a farsi del male, oltre a far male agli altri, ma anche a far sì che questo stato di cose permarrà senza fine».
I «signori» sarebbero quei tifosi che «allontaneranno le persone per bene dallo stadio e ci costringeranno a far caricare sui contribuenti un onere ormai non più sopportabile». Le barriere della discordia, l’ha specificato lo stesso Gabrielli, non sono di cemento armato e si possono anche togliere, a patto che vengano rispettate le regole e non si verifichino nuovi incidenti. Una piccola apertura verso quei tifosi, sia laziali sia romanisti, che hanno fatto del prefetto il loro nemico numero uno: «I miei figli vogliono cambiare cognome. A volte dico che questo è anche il prezzo del biglietto. Chi ha compiti di responsabilità può diventare oggetto di queste contumelie. Io non sono arrivato qui il 2 aprile con la prima preoccupazione di saldare le due tifoserie in una sorta di patto contro il prefetto: c’erano delle indicazioni da parte della task force sulla sicurezza delle manifestazioni sportive. Ci era stata fatta una proposta dal questore che abbiamo vagliato». Si dichiara la mano e non la mente.
Gabrielli ha poi raccontato di aver ricevuto delle lettere da alcuni tifosi che non riuscivano a vedere bene la partita: «Se le curve da 8.700 posti diventano luoghi da 11 mila persone credo che non possa andare. Non esistono regole all’interno dello stadio. Io ho detto: «Dimostrateci che il tifo è soltanto la partecipazione a un evento sportivo e io per primo sono disposto a rivedere determinate posizioni. Se tornasse ad esserci un comportamento corretto, che non significa stare zitti, potremmo anche trovare una soluzione». Giù le barriere e tutti seduti, come all’estero: «La gente negli stadi d’Europa non occupa le vie di fuga. In questo Paese il concetto della responsabilità è poco frequentato e poco utilizzato. A chi si straccia le vesti per i nuovi provvedimenti dico: «Ma se in curva ci fosse stato un morto a chi andremmo a chiedere conto?». Sicuramente a me, così dice la legge. Mi sembra un po’ surreale che nel momento in cui nella nostra città il sostantivo capitale diventa l’aggettivo per qualificare la mafia noi ci attardiamo al fatto che un numero "x" di persone si rifiuta di entrare allo stadio per l’introduzione di regole. Sembra quasi che ci siano delle persone che siano portatrici esclusive del tifo, ma quelli che vanno negli altri settori sono tifosi di serie B?».
Gabrielli vuole essere chiaro con chi provocherà disordini domenica: «La risposta sarà repressiva per tutti i comportamenti lesivi dell’ordine pubblico e della sicurezza e tutto questo inevitabilmente andrà a restringere gli spazi di dialogo e confronto». Un avvertimento pesante come una colata di cemento.
(E. Menghi)
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