rassegna stampa

Cercasi Roma disperatamente

LaPresse

A Trigoria si lavora per ritrovare la freschezza dei nuovi arrivati e la leadership della scorsa stagione

Redazione

Ventidue uomini non fanno una squadra. Di Francesco ha sfruttato al massimo la profondità della sua rosa, arrivando ad usare due formazioni intere nel giro di 5 partite, alla ricerca di una Roma che non c’è più. Anche l’anno scorso ci mise tanto a scegliere l’undici ideale, a parità di gare in avvio utilizzò 21 giocatori, soffermandosi però su una struttura di base abbastanza precisa, con il blocco Nainggolan-De Rossi-Strootman a centrocampo e l’attacco che in tre occasioni su cinque prevedeva l’intoccabile Dzeko, Defrel e Perotti.

Quest’anno li ha provati tutti tranne i due portieri di riserva, Mirante e Fuzato, e i baby Luca Pellegrini e Coric, rimasti entrambi a casa nella prima notte di Champions. Karsdorp e Kluivert sono stati convocati, ma gli è toccata una tribuna “di crescita”, un modo per tenere i giovani coi piedi per terra, mentre la new entry Zaniolo giocava (meritatamente) una partita “da grande”. Solo 4 giallorossi sono stati utilizzati a tempo pieno, 450 minuti totali per Dzeko, Kolarov, Olsen e Manolas, colonne portanti a prescindere dagli errori individuali o da una condizione fisica non ottimale. Da De Rossi in giù hanno ruotato quasi tutti, compreso Strootman prima di volare a Marsiglia e lasciare il cantiere aperto a centrocampo, dove si sono alternati ben 6 calciatori, e tutti almeno una volta sono stati titolari. Non è una questione di turnover, ma una caccia alla mediana che fornisce più garanzie, e non solo, perché riguarda tutta la rosa: mai è stata schierata la stessa formazione fin qui. Si continuano a cambiare interpreti e strategie, senza venirne a capo: “Sto lavorando - ha ammesso Di Francesco al Bernabeu - sul 4-3-3 e 4-2-3-1, come fa il Real. Stiamo cambiando così tanto e mi viene da sorridere perché con il 4-3-3 abbiamo fatto sia bene che male. Dobbiamo trovare realmente l’identità e l’anima”.

La sfida di Madrid non è certo un parametro di riferimento, 8 su 11 erano giocatori della passata stagione, quelli che hanno vissuto la notte col Chelsea o col Barcellona. Eppure non sembravano gli stessi. I vecchi sono irriconoscibili e i nuovi devono prendere confidenza con le tattiche dell’abruzzese, che l’anno scorso aveva l’attenuante di aver iniziato a lavorare con la squadra al completo solo a ridosso dello start del campionato, mentre stavolta Monchi ha giocato d’anticipo e il grosso del lavoro l’ha fatto tra giugno e luglio. Niente alibi, quindi, e una responsabilità da spartirsi per una Roma che fa 1 punto di media a partita, e non può (più) permetterselo. Da Bologna si deve ripartire, perché è già tardi e le avversarie vanno veloci. La Juventus-modello deve far fronte a infortuni e squalifiche che obbligheranno Allegri a rivedere adesso una squadra a cui raramente mette mano: 17 giocatori schierati, più 1 minuto di Rugani. Ma loro, pur rivoluzionandosi, hanno già trovato l’equilibrio vincente che a Trigoria cercano disperatamente tra le facce sconsolate dei leader e la freschezza delle giovani promesse. Da qualche parte la Roma c’è (ancora), deve solo ritrovarsi.