(Il Tempo) C'è da scommetterci: stavolta non si butterà vestito in piscina. James Pallotta torna a Trigoria da presidente nel momento più delicato della gestione americana.
rassegna stampa
A rapporto da Pallotta
(Il Tempo) C’è da scommetterci: stavolta non si butterà vestito in piscina. James Pallotta torna a Trigoria da presidente nel momento più delicato della gestione americana.
Poca voglia di scherzare, semmai è pronto a far sentire la voce del padrone. Conoscendo il tipo sarebbe sbagliato aspettarsi chissà che, ma per la prima volta un rappresentante della proprietà terrà a rapporto una squadra che continua a deludere rispetto agli investimenti. E non solo: c'è voglia di intervenire su tanti altri aspetti che a Trigoria non funzionano come dovrebbero. Pallotta arriva dopodomani insieme all'ad Mark Pannes e ai «suoi» Boston Celtics, impegnati domenica nell'amichevole a Milano in casa dell'Armani. Fino a quel giorno il nuovo grande capo si dedicherà alle questioni romaniste dalla A alla Z. La data del blitz non è casuale: in attesa dell'annuncio dell'area dove verrà costruito il nuovo stadio, fervono i preparativi per l'evento che domenica celebrerà la Hall of Fame all'Olimpico dalle 11, prima della gara con l'Atalanta fissata alle 12.30. Tutti gli eletti ancora in vita hanno risposto positivamente all'invito: da Tancredi a Cafu e Falcao, allo stadio ci sarà materiale in abbondanza per far emozionare Pallotta insieme ai tifosi.
Ma è chiaro che non poteva esserci momento peggiore per una festa. L'aria attorno alla Roma è funesta, dentro Trigoria non si respira molto meglio. La gara di Torino ha lasciato strascichi: prima di Pallotta, domani toccherà a Baldini e Sabatini processare la squadra insieme a Zeman. Il ds si è già assunto in pubblico le sue responsabilità sugli errori commessi sul mercato, ha analizzato la situazione a fondo con Baldini, ora i due dirigenti vogliono parlare chiaro ai giocatori: basta figuracce del genere, bisogna cambiare registro prima che sia troppo tardi e si butti via un'altra stagione. La protezione di Zeman sarà totale, anche se il suo integralismo tattico preoccupa la dirigenza. E, ovviamente, alcuni giocatori. «Non fanno quello che gli chiedo» ha tuonato il boemo a Torino. Zeman è nero, nerissimo, deluso dall'atteggiamento di alcuni giocatori in una partita che sentiva più di altre. Già dopo la gara con la Samp si era fatto sentire negli spogliatoi, sabato non ha nascosto di pretendere di più da De Rossi e le dichiarazioni del centrocampista gli fanno storcere il naso forse più della prestazione.
Sì, perché il tecnico crede (credeva?) davvero di avere una squadra da scudetto in mano, ma si è accorto che in troppi nello spogliatoio non hanno la stessa fiducia. Dal Totti di luglio («siamo lontani dalle grandi» detto però prima degli acquisti di Destro e Balzaretti) al De Rossi di sabato sera («sbaglia chi parla di scudetto») la divergenza tra i «senatori» e il blocco allenatore-dirigenti è netta. Domani saranno anche i giocatori a prendere la parola, per esprimere il punto di vista della squadra. C'è chi si sente fuori ruolo, chi fatica a muoversi in campo come vorrebbe Zeman. Nessuno, poi, avrà gradito le accuse del boemo e di Sabatini davanti alle telecamere. E il boemo? Non molla, non è il tipo. Ma prepara una mini-rivoluzione della squadra - rischiano il posto Burdisso, Taddei e Lamela tra gli altri - e aspetta segnali. Quelli di Torino sono tutti negativi: da registrare un altro piccolo screzio tra Lamela e Osvaldo durante la partita per un mancato passaggio.
La discussione è continuata negli spogliatoi ma tutto si è risolto in fretta, tanto che sull'aereo i due scherzavano. Nulla a che vedere con quanto successo a Udine nel campionato scorso, ma la tensione c'è. Il rischio è di perdersi nei meandri della crisi, come se la passata stagione non fosse mai finita. A proposito: allora non era tutta colpa di Luis Enrique?
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