(Il Messaggero - Ugo Trani ) –La banda del boemo e i ragazzi di Trigoria. Sono in 6, come il blocco Juve, e pure loro vanno n Brasile. Verratti, Insigne e Immobile, due anni fa promossi in A dalla B con il Pescara di Zdenek Zeman, fanno sorprendentemente il salto dell’oceano: voleranno a Rio giovedì sera. Con loro anche i giallorossi dei meravigliosi anni Ottanta: De Rossi, Aquilani e Cerci, chiamati alla Roma da Bruno Conti, responsabile del settore giovani e campione del mondo in Spagna nell’82, quando Daniele (’83), Alberto (’84) e Alessio (’87) ancora dovevano nascere. Campo per il tecnico e scrivania per dirigente. Da lì lanciano i giovani nell’azzurro.
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Verratti: ”Se vado in Brasile è grazie a Zeman”
(Il Messaggero – Ugo Trani ) – La banda del boemo e i ragazzi di Trigoria. Sono in 6, come il blocco Juve, e pure loro vanno n Brasile. Verratti, Insigne e Immobile, due anni fa promossi in A dalla B con il Pescara di Zdenek Zeman, fanno...
«Io preferisco un allenatore che non mi fa mai i complimenti: significa che mi vuole davvero bene». Verratti, 21 anni, parla di Prandelli e s’illumina di Zeman. «Non me la prendo per le strigliate di un tecnico. So che lo fa per farmi crescere. Quando il cittì, come del resto Ancelotti, mi ha detto di evitare le scivolate, ho cercato di limitare certi interventi».
Di Zdenek sa che cosa deve dire. «E’ stato un grande maestro per me. E anche per i miei due amici. E’ arrivato a Pescara e io non giocavo. Pure Immobile veniva da un campionato con pochi gol realizzati. Se siamo qui, noi due e Insigne, lo dobbiamo pure a lui. Mi ha dato fiducia, spiegandomi che in allenamento dovevo essere concentrato come in partita». Di Francesco lo ha abbassato, da trequartista a mediano centrale. Lì, con il 4-3-3 di Zeman, ha convinto il Psg. «Da anni sono regista, ma ha ragione Prandelli: bisogna aver conoscenza di più ruoli, per essere completi. E non esiste solo un modo di giocare. Mi trovo bene in nazionale proprio come mi accadeva con il Pescara. E posso coesistere con Pirlo, facile intendersi con lui, come a Parigi con Thiago Motta».
«Ora sto bene a Parigi. E quando sono a mio agio in un posto, non penso ad andar via. All’estero ti senti ancora di più italiano e sarà emozionante vestire la maglia della nazionale in Brasile e rappresentane il Paese al mondiale dei mondiali. Che dobbiamo provare a vincere. Quando in Francia non mi vorranno più, la priorità è tornare qui», chiarisce Marco, maturo anche se il liceo lo ha lasciato al quarto anno. «Mi ha chiamato qualche giorno fa Ibra: “Andrai a Rio, tranquillo”. Io, però, ero venuto qui senza pensare alla lista dei ventitre. Dovevo convincere Prandelli, lavorando al massimo. Serve un grande presente per avere un grande futuro. Mi dispiace per Rossi, Montolivo e gli altri esclusi. La Champions mi ha aiutato. E capisco Immobile che ha scelto il Borussia per giocarla. E all’estero, quando ti voglio, fanno di tutto per prenderti. Ho sentito che lo diceva Klopp».
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