La sconfitta è una cosa, l'umiliazione è ben altro, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero.
Il Messaggero
Vergogna per tutte le stagioni
La Roma non prede, crolla, Ma quella della squadra di Fonseca è solo l'ultima di una serie di brutte figure
Paulo Fonseca quando perde, lo fa male: la sua squadra non gioca, sia arrende e spesso prende in faccia la valanga. Non è riuscito a trasmettere al gruppo una mentalità da grande. La Roma crolla al primo accenno di difficoltà, di rado ha tenuto botta. Con l'Ajax ad esempio c'è riuscita, anche con una buona dose di fortuna, specie ad Amsterdam. E spesso crolla quando meno te lo aspetti, quando sembra aver superato certe fragilità. La partita di Manchester è l'emblema: il crollo è avvenuto in una situazione di vantaggio. Nell'ultimo decennio, solo con Luis Enrique, all'epoca novizio, aveva subito questo tipo di pesanti umiliazioni, senza fare differenze, contro grandi (Juve) e piccole (Lecce, Atalanta, che non era a questi livelli), quella Roma ha chiuso il campionato (dopo essere stata eliminata dallo Slovan Bratislava ai preliminari di Europa League e dalla Juve nei quarti di Coppa Italia) settima con 56 punti. L'anno dopo, con Zeman (e Andreazzoli), sesta con 62, ma con la finale di Coppa Italia persa contro la Lazio. La Roma di Fonseca, che ha 55 punti, rischia il tracollo, restando fuori da una decente competizione europea, dal momento che le motivazioni sono finite e la squadra rischia di mollare con cinque giornate ancora da giocare (più il ritorno con lo United).
Ma sei/sette reti è roba eccezionale e, purtroppo per la Roma, Fonseca non è l'unico a uscire con le ossa rotte in Europa (e non solo). E' toccato, come noto, a Spalletti con il 7-1 all'Old Trafford e poi a Garcia, con il Bayern in casa, ne ha incassati sempre sette, e Rudi poi ne ha presi sei anche a Barcellona. Di Francesco ha cancellato il 4-1 del Nou Camp con il leggendario 3-0 nella sfida di ritorno, ma poi è tornato da Liverpool (semifinale di Champions) con cinque reti sul groppone, per non parlare del tremendo 7-1 in Coppa Italia subito in casa di una Fiorentina non certo stellare. C'è un qualcosa che non quadra in questa galleria dell'orrore: l'allenatore umiliato non è sempre lo stesso. Problema di dna? Forse. Curabile? Chissà. Ma avanti il prossimo. Si ricomincia.
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