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Ultimi trenta giorni per Tor di Valle: l’aut aut del Comune

Nei prossimi giorni dal Campidoglio arriverà una nuova proposta ai proponenti privati per lo Stadio della Roma, ci sarà tempo fino al 3 marzo per la decisione definitiva

Redazione

La giunta del Movimento 5 Stelle avrà a disposizione altri trenta giorni di tempo per esprimere il proprio parere sul nuovo stadio a Tor di Valle. Il Campidoglio potrà così recapitare una proposta ai proponenti privati: l'idea per far sopravvivere il progetto è che le cubature vadano tagliate di quasi due terzi, così da riportare l'operazione calcistico-immobiliare all'interno del Piano regolatore generale. Questa sono le linee che la Raggi e la maggioranza dei pentastellati hanno deciso di rispettare al termine del vertice riservato con i consiglieri di ieri.

Il Comune, riporta Il Messaggero, chiederà a James Pallotta e a Luca Parnasi di sforbiciare le volumetrie del progetto di quasi 700mila metri cubi, proprio per rispettare i vincoli del Prg. I privati avranno tempo fino al 3 marzo, giorno dell'ultima seduta della Conferenza dei servizi, per bocciare o approvare. Si sperava che i lavori si concludessero nella giornata di ieri, ma il Campidoglio ha riferito «che il processo non è ancora ultimato» e che «è in fase di analisi lo schema di convenzione con la società proponente». Questi sono i motivi per cui «è stata presentata da Roma Capitale la richiesta di sospensiva della Conferenza per i prossimi trenta giorni».

«C'è la necessità che Roma Capitale completi la procedura di variante e approvi lo schema di convenzione», ha sottolineato la Conferenza. In realtà il Dipartimento Urbanistica, due giorni fa, ha spedito una lettera alla Regione con cui ha già comunicato che «la Conferenza dei Servizi non può concludersi con esito favorevole». Il motivo è uno. L'area di Tor di Valle è «pericolosa» a livello idrogeologico, insomma c'è il rischio inondazioni.

A spedire questa lettera sono stati gli uffici dell'assessore all'Urbanistica, Paolo Berdini, ma all'insaputa degli altri membri della giunta e perfino della sindaca. Tanto che, secondo le voci di corridoio, l'ufficio della Raggi avrebbe chiesto in via riservata una copia della missiva direttamente alla Regione, considerato che Berdini avrebbe tenuto all'oscuro tutti.

«Nessuna variante urbanistica potrà essere adottata da Roma Capitale», si legge nella lettera. I privati iniziano a minacciare «l'inadempienza del Comune» e qualcuno in Campidoglio vagheggia la possibilità di bypassare la variante, interpretando la delibera preventiva sull'«interesse pubblico», votata nel 2014, come una modifica implicita al Piano regolatore. Tutti i documenti successivi del Comune (compresi i verbali della Conferenza dei servizi) attestano la necessità di una variante. Il nodo resta il parere finale del Palazzo Senatorio. Ieri, la Città Metropolitana, ha espresso un parere negativo. «Se dovessero arrivare pareri contrari articolati, la conferenza si fermerebbe», spiega Michele Civita, assessore all'urbanistica della Regione.

(Lorenzo De Cicco)