rassegna stampa

Trigoria diventa la piccola Boston

Tutti dovranno rispondere esclusivamente alla proprietà o a chi, piombato dagli Usa, la rappresenta

Redazione

Pallotta, a quanto pare, non si fida più di nessuno. E questo rende meno sicura tutta la struttura societaria. Perché il compromesso, per come è stato architettato, sembra davvero fragile e a rimetterci è solo la Roma. Trigoria diventerà la piccola Boston. Solo uomini di fiducia del presidente, a tenere gli occhi bene aperti. In campo, durante gli allenamenti, negli spogliatoi e anche in sede. Con i dipendenti a comportarsi da dipendenti. Per primi tecnico e giocatori. Tutti dovranno rispondere esclusivamente alla proprietà o a chi, piombato dagli Usa, la rappresenta. E’ la sintesi del vertice dirigenziale di Londra (in un albergo a 50 metri da Trafalgar Square) che si è concluso con la cena e il brindisi di rito. Per una nuova stagione che sia migliore dell’ultima. Al momento Garcia resta l’allenatore e Sabatini rimane il direttore sportivo. Ma con entrambi Mr Jim è stato severo. Duro. Ha contestato loro gli errori più che evidenti di quest’annata che è stata salvata solo al penultimo turno di campionato con il successo nel derby e la conferma del secondo posto. Tutt’e due hanno difeso il proprio lavoro, il tecnico in più conversazioni telefoniche e il dirigente di persona, pur riconoscendo entrambi alcuni passaggi a vuoto. Non saranno però più liberi come prima. Ognuno avrà il suo raggio d’azione, ma dal summit nella City escono depotenziati. Alcune teste, cioè i loro uomini di fiducia, sono già saltate. E altre potrebbero presto essere tagliate.

RUDI ALL’ANGOLO -  Garcia, dopo il blitz a Parigi, ieri è tornato a Trigoria. Per impostare la prima fase del ritiro precampionato. Nei giorni scorsi ha però sentito Pallotta che lo ha messo in riga, presentandogli il conto di una stagione che non ha convinto la società: bocciato il metodo nella gestione dello spogliatoio (troppo morbido), nella comunicazione (ultima la conferenza stampa di sabato) e nel lavoro (addestramento tattico). Ecco perché gli ha imposto il nuovo team di preparatori che farà capo al canadese Norman. Il francese martedì è sembrato abbastanza colpito dalla fermezza del presidente. Che lo ha estromesso dal vertice, ricordandogli che ogni considerazione, in particolare sui conti del club, va fatta solo in privato. Al tempo stesso, però, Rudi non è tipo che pensa alle dimissioni. Nemmeno ora che è stato depotenziato. Era stato allontanato, dopo la prima stagione al Lille (5° posto) dal dg Thuilot che, al suo posto, voleva Le Guen del Psg. Garcia incassò la decisione, senza però arretrare. Non accettò la modesta buonuscita (400 mila euro) e minacciò di fare causa al club. Il presidente Seydoux, alla fine, lo richiamò. Cacciando il direttore generale. Qui la situazione è diversa. Il francese non ha chiesto la testa di Sabatini, ma avrebbe voluto dire la sua sul mercato e sullo staff (anche medico e dei preparatori/fisioterapisti). Niente da fare. Le scelte spettano alla società. Cancellata ogni sua richiesta, come se lo spingessero a lasciare. Lui resiste e in queste ore è atteso nella capitale il suo manager Boisseau. Ma ora per Rudi sarà complicato ripresentarsi davanti i giocatori. Da sconfitto e non da condottiero. Sarà il primo equivoco della nuova stagione.

DS RIDIMENSIONATO -  Più che il budget da stabilire (il Financial Fair Play ha indicato paletti e step), simile a quello di un anno fa (15 milioni), sul tavolo londinese è finito l’operato poco incisivo di Sabatini. Pallotta, davanti agli amici Zecca e Zanzi e al dg Baldissoni, ha cercato di approfondire, prendendo in esame alcuni affari. Il ds si è difeso sull’acquisto di Doumbia, spiegando che è stato il tecnico a insistere quando lui avrebbe voluto Konoplyanka (una volta sfumato Luiz Adriano). Garcia, quindi, ha scelto di avere comunque il centravanti. Il presidente ha dettato la nuova linea: Sabatini, per ogni operazione, si dovrà confrontare con Alex Zecca. Che sarà il Controllore della proprietà e avrà come interlocutore italiano Baldissoni. Il ds non ha potuto negare la distanza, sempre più ampia, dall’allenatore. Ma ha capito che, con 3 anni di contratto (17 milioni lordi), il ribaltone diventerebbe possibile solo se il francese si chiamasse fuori (ieri a Londra è passato Emery, prima scelta di Sabatini che ha contattato pure Sarri). Pallotta, come sapremo nei prossimi giorni, non fa distinzioni. Fuori dall’organigramma finiranno anche alcuni fedelissimi del ds: il medico Colautti e il tecnico Andreazzoli. I dirigenti giallorossi rientrano oggi nella capitale (e vedranno Garcia), mentre il presidente sarà qui la prossima settimana.