Dal decreto Sblocca Italia arriva un emendamento contro i rischi di speculazione a Tor di Valle. La nuova norma, che impone forti limitazioni al raggio d’azione dei privati, di fatto stravolge l’iter avviato dal Comune con la delibera di giunta dello scorso 8 settembre, ora al vaglio dell’Assemblea Capitolina. Chiedendo in sintesi più trasparenza e che tutte le infrastrutture vengano messe a gara.
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Tor di Valle, una norma dello «Sblocca Italia» ferma la speculazione
L’emendamento è stato presentato dai deputati Pd Roberto Morassut e Umberto Marroni. E ora sarà votato dal Senato in tempi strettissimi: entro il 12 novembre, pena la scadenza del decreto.
L’emendamento è stato presentato dai deputati Pd Roberto Morassut e Umberto Marroni. Insieme allo Sblocca Italia, è già stato approvato due giorni fa dalla Camera dei deputati in prima lettura. E ora sarà votato dal Senato in tempi strettissimi: entro il 12 novembre, pena la scadenza del decreto. Tanto che il governo potrebbe mettere la fiducia. La norma, è bene precisarlo, ha una valenza nazionale e non nasce quindi “ad hoc” per Tor di Valle. I suoi effetti però potrebbero cambiare parecchio i piani di Pallotta e del costruttore Parnasi, dato che la nuova legge si applica tutte le «aree in variante urbanistica in deroga ai Piani regolatori». Spiegano i promotori: «Coinvolgerà anche il caso di Tor di Valle, dato che il Comune deve ancora approvare la variante urbanistica per il progetto».
Sono due i cambiamenti sostanziali che stravolgerebbero la delibera votata dalla giunta: innanzitutto i costi delle opere pubbliche con cui i privati “compenserebbero” le cubature ricevute dal Comune sia per realizzare lo stadio sia per l’«Ecomostro» (copyright di Legambiente) composto dai tre grattacieli destinati a uffici e negozi. Il cosiddetto «contributo straordinario» non sarebbe più proposto dai proponenti privati, come avviene ora, ma direttamente dall’amministrazione comunale. In pratica sarebbe il Comune a quantificare i prezzi delle infrastrutture a carico del privato. E questo potrebbe avvenire solo una volta ricevuti «i progetti definitivi, calcoli volumetrici dettagliati, una serie di perizie». I tempi quindi si allungherebbero parecchio, dato che finora era sufficiente, per il primo via libera, appena uno studio di fattibilità.
TUTTO A GARA - I costi delle opere pubbliche poi non devono essere «inferiori al 50% della valorizzazione dei terreni dei privati». Nel caso di Roma la cifra sarebbe ancora maggiore, dato che il Piano regolatore fissa questa quota al 66% della rivalutazione dei terreni, anziché al 50%. Poi sarebbe il Comune, e non più i privati, a gestire la realizzazione di tutte le opere pubbliche. Il proponente in questo caso si limiterebbe a fare un bonifico, versando in anticipo all’amministrazione il prezzo delle infrastrutture. Versamento inscindibile dalle opere pubbliche, perché «vincolato alla realizzazione di opere e servizi nel contesto in cui avviene l'intervento». In questo modo, spiega Marroni, «tutte le infrastrutture sarebbero realizzate a gara e potrà partecipare chiunque».
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