rassegna stampa

E adesso spazio a un derby che esalta il calcio capitolino

Lo dice la classifica: Roma è la capitale anche del calcio. Poche volte la stracittadina ha contato così tanto, soprattutto nel girone d’andata.

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Anno nuovo storia vecchia. Cosa altro serve per capire l’inutilità degli addizionali di porta e che una semplice tecnologia, in casi come quello di Udine, risolve ogni problema? Teniamoci la discrezionalità dell’arbitro e le polemiche sulle decisioni, ma sul pallone dentro o fuori non è più tollerabile. È l’ora di dire basta! Bisogna assolutamente sconfiggere l’ottusità e il potere di chi ancora si oppone alla goal line technology.

In attesa che la questione venga risolta con estrema sollecitudine dai vertici calcistici, godiamoci la vibrante attesa per il prossimo derby romano. Lo dice la classifica: Roma è la capitale anche del calcio. Poche volte la stracittadina ha contato così tanto, soprattutto nel girone d’andata. L’ultima volta che le due squadre erano così in alto in classifica, prima del giro di boa, risale alla stagione 1999/2000. Decima giornata, Lazio prima e Roma quarta, fini 4 a 1 per i giallorossi, i biancocelesti vinsero il campionato. Altrimenti alla ventottesima giornata del 2000/01 (scudetto per la Roma), prima e terza, e alla trentaquattresima del 2006/07, seconda e terza, proprio come si affronteranno domenica prossima. Gli ingredienti per un derby d’alta quota ci sono tutti: valore delle squadre, qualità dei giocatori, ambizioni delle società.

Ci si gioca tanto finalmente, non solo il primato cittadino. Sta poi nel gioco che il gusto più grande del tifoso sia quello di battere il rivale per impedirgli di raggiungere l’obiettivo. Garcia e Pioli (al suo primo derby) pensano in grande: scudetto e terzo posto. Condottieri diversi come differenti sono le caratteristiche delle due squadre. Da una parte la Roma del palleggio e dalle giocate strette, dall’altra la Lazio della dinamicità e dalle rapide incursioni. Sarà il derby con tanti interpreti in grado di deciderlo e di far sognare un popolo. Da chi ha già vissuto questa gioia come Totti e Mauri, a chi lo sogna come Florenzi e Felipe Anderson.