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Roma, sconfitta e orgoglio

Roma, sconfitta e orgoglio - immagine 1
Il posto Champions si fa sempre più lontano per i giallorossi dopo la sconfitta con l'Inter. Nonostante le difficoltà di formazione, la squadra di Mou combatte ma sbaglia tanto
Redazione

Tanta buona volontà, ma poca qualità e uomini contati, oltreché stanchi, emaciati. Finisce come era ampiamente prevedibile: vince l'Inter, sfruttando due errori grossolani e si piazza al quarto posto, cinque punti avanti alla Roma. La foto della classifica attuale, quando mancano appena quattro giornate alla fine suona come una sentenza, scrive Alessandro Angeloni su "il Messaggero". La Roma, ridotta ai minimi termini, fa quel che può: poco. La squadra di Mourinho è sparita dopo le tre vittorie di fila con Samp, Torino e Udinese, proprio quando sono venuti a mancare gli uomini migliori. Resta la Coppa, la doppia semifinale con il Bayer è tutta da giocare, ma se Mou non recupererà qualche elemento diventa dura. Questa è una squadra che si regge su pochi elementi di grande qualità, Dybala, Smalling, Abraham e Wijnaldum. Nelle ultime tre gare, senza Smalling, i giallorossi hanno incassato sette gol in quattro partite, rimediando due sconfitte e due pareggi. Al di là delle assenze e della stanchezza in questa fase, sono pochi nove punti negli scontri diretti, con i giallorossi capaci di battere solo una volta l'Inter e una la Juve, rimediando poi un pari con i bianconeri e due con il Milan. Quindi, le assenze sono un motivo, ma nel corso del campionato c'è anche altro, come ad esempio la imperdonabile sconfitta di Cremona, contro una squadra che fino a quel momento non aveva mai vinto in campionato. La Roma, contro l'Inter, ha fatto quello che era nelle sue forza. A differenza della sfida con il Milan, ha tenuto più la palla, provando anche a concludere: un paio di volte con Pellegrini e una con Ibanez. Ma i due errori tecnico-tattici sui due gol nerazzurri sono imperdonabili. La differenza di organico è evidente: Mou può scegliere solo in un modo per via delle assenze, Inzaghi si permette di lasciare in panchina Lautaro e Dzeko. Ma questi sono tempi comunque felici, il pubblico canta e fa festa ugualmente, applaude il suo condottiero. Alla fine il tecnico porta la squadra a centrocampo e li trattiene in un lungo abbraccio e con parole dolci, ringraziandoli orgogliosamente per lo sforzo. Che non è finito qui. C'è una coppa da onorare, poi si faranno i conti. Ma l'atteggiamento di Mourinho a fine partita e le sue parole nel post Inter, lasciano intendere che manca davvero poco a una separazione, che per tanti sarà molto dolo-rosa. In fondo anche lui è stanco, di tante cose.