Per un periodo Aurelio Andreazzoli, avversario domani della Roma, a Trigoria fece addirittura tendenza, come scrive Stefano Carina su Il Messaggero.
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Roma, riecco Aurelio il nemico fatto in casa
Da ombra di Spalletti a responsabile del disastroso derby del 26 maggio: Andreazzoli, la resurrezione a Empoli non cancella il suo finale nella Capitale
La percentuale che nel 2013 chiese a tutte le componenti della società per permetterle di tornare in alto ("Se ognuno di noi darà lo 0,2%, questo 0,2% sommato agli altri ci farà raggiungere le vittorie"), venne presa alla lettera dai dirigenti. A tal punto che, da Zanzi a Baldissoni, passando per Baldini, Fenucci e Sabatini (ma anche tutti i dipendenti riuniti nella sala conferenze di Trigoria) si presentarono qualche giorno dopo indossando il cappellino ispirato alle parole dell'allenatore.
La sua avventura sulla panchina giallorossa non ebbe "un buon seguito". Anzi, si concluse con quella che il tifoso romanista - per chi per motivi anagrafici non ricorda la retrocessione nel lontano 1950-51 - considera il punto più basso della storia del club: la sconfitta nella finale di coppa Italia contro la Lazio, 26 maggio 2013.
Da Calimero della panchina, ben voluto e visto con simpatia da squadra e addetti ai lavori, il tecnico si trasformò lentamente in una sorta di Icaro dei tempi moderni.
Una metamorfosi che ancora adesso non gli fa capire cosa ha significato per la tifoseria della Roma il 26 maggio. In un'intervista di qualche mese fa, rilasciata a La Repubblica, Aurelio è tornato sul periodo giallorosso: "Mi hanno massacrato perché in quella gara abbiamo preso un palo e loro hanno segnato su una mezza smanacciata di Lobont. Nessuno però ricorda i miei numeri sulla panchina". Può darsi, ma per un semplice motivo. Perché non cambiarono nulla nelle sorti del club. Al netto della debacle nel derby, Andreazzoli racimolò 28 punti (8 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte) nelle ultime 15 giornate, passando dalla media di Zeman di 1,5 punti a gara ad una pari a 1,9 punti per match.
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