rassegna stampa

Roma povera e umiliata

(Il Messaggero-U.Trani) Adesso vergognarsi è anche poco. Perché la Roma in Salento è come se non si fosse mai presentata. Non è stata squadra. Non è stata niente.

Redazione

(Il Messaggero-U.Trani) Adesso vergognarsi è anche poco. Perché la Roma in Salento è come se non si fosse mai presentata. Non è stata squadra. Non è stata niente.

Undici giocatori che hanno preso a calci il progetto della nuova proprietà. Nel pomeriggio in cui avrebbe dovuto dare continuità alla sua rincorsa verso il terzo posto è stata umiliata dal Lecce di Cosmi, terzultimo e preoccupato anche dagli ultimi veleni di scommettopoli: 4 a 2 il risultato che è bugiardo, non tanto nel punteggio quanto per la prova offerta dal gruppo di Luis Enrique. I due gol, a fine ripresa, di Bojan e Lamela hanno un senso solo per le statistiche: se la gara fosse finita 4 a 0, sarebbe stato il passivo peggiore della stagione. Così, invece, rimane solo la prova più brutta di quest’annata che è costata la dodicesima sconfitta in campionato, la quattordicesima in assoluto. Allo stadio Via del Mare non aveva mai perso, era l’unica formazione di serie A ancora imbattuta su questo campo. Da ieri non lo è più.

 

Luis Enrique è rimasto seduto in panchina, pietrificato e assente, per quasi tutto il match. La resa è in quell’immagine, spesso inquadrata dalle telecamere. Non ha fatto sostituzioni, chiaro messaggio agli undici scelti in partenza. Li ha individuati come colpevoli e li ha lasciati sul palcoscenico con la speranza di vederli arrossire. Perché la figuraccia è memorabile. Assenti e svogliati, distratti e irritanti. Non si sa perché. Sembra una squadra che gioca contro. Contro la società. Contro l’allenatore. Contro se stessa. In poco più di un’ora e mezza frana il progetto. (…)

L’assetto offensivo scelto da Luis Enrique non ha funzionato dall’inizio. Ma è l’atteggiamento dei singoli, più che il sistema di gioco, a rendere vulnerabile la Roma. Che nei primi quarantacinque minuti concluderà solo una volta nello specchio della porta, con un bel destro da fuori di Bojan. Troppo lento il fraseggio, con il Lecce che si può tranquillamente organizzare sotto la linea della palla con nove uomini, preparando la trappola per gli avversari. Basta Muriel per smascherare la fragilità. Lanci lunghi per l’attaccante colombiano, potente e rapido, con Kjaer e Heinze sempre presi di sorpresa e soprattutto lasciati scoperti dai compagni. È la Roma che non ti aspetti. Statica negli interpreti, sciatta nel possesso palla. De Rossi non alza il ritmo, Gago sbaglia un passaggio dietro l’altro e Marquinho lo imita negli errori. I terzini appoggiamo poco e male l’azione. Josè Angel gioca solo palloni innocui, Rosi è più timido del solito. Davanti le tre punte è come se non ci fossero. Tra loro non dialogano e, cosa più preoccupante, non saltano mai l’uomo e soprattutto non tirano verso Benassi. (…)

Il primo gol del Lecce, a metà tempo, è la sintesi della stagione della Roma. Verticalizzazione centrale di Giacomazzi, da centrocampo, per Muriel che, passando tra Kjaer ed Heinze, entra in area in velocità, salta Stekelenburg e appoggia in rete a porta vuota. Il difensore argentino avrebbe dovuto intervenire, magari rischiando il fallo. E Josè Angel avrebbe potuto mettere in fuorigioco l’attaccante. Il raddoppio, da corner, è azione da spiaggia. Tocco di Giacomazzi in area e girata di sinistro di Di Michele. La ripresa inizia con la papera di Stekelenburg sul sinistro da fuori di Muriel. All’undicesimo il 4 a 0: rinvio del portiere Benassi, liscio di testa di Josè Angel che favorisce la fuga di Muriel steso in area da Heinze. Rigore trasformato da Di Michele. Osvaldo ha un paio di chance. Bojan segna al quarantatreesimo su assist di Lamela, l’argentino trasforma la punizione al quarantacinquesimo. Prodezze inutili, come rischia di diventare questa stagione, a sette giornate dal traguardo.