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Una vittoria importante, non certo bestiale, come la desiderava Juric, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero. La Roma non è una bestia, e tanto meno è bella. E’ ancora monocorde, piatta, ma stavolta è stata sul pezzo, più concentrata, provando a essere squadra, sopra ogni difetto strutturale. Il successo con la Dinamo Kiev c’è e va archiviato con gioia, ma quella mentalità, il cambio di registro auspicato dal tecnico croato alla vigilia, ancora non si vedono. La vittoria, dunque, non emoziona, né tranquillizza in vista del futuro, ma Juric se la deve godere fino in fondo e ripartire da qui, nonostante i consueti fischi che hanno colto i soliti Pellegrini, Cristante e sì, pure Juric stesso: ma l’abbraccio finale del tecnico a tutti i calciatori (dando loro pure qualche rudimento tattico), è la foto della speranza. Del resto, quella con la Dinamo è pur sempre una vittoria, e in questi tempi cupi c’è poco da fare gli schizzinosi: la Roma, con questi tre punti, i primi in Coppa, intanto si rimette in corsa per arrivare – dopo la prima fase – tra le prime 24 in Europa League e mette un piccolo tappo alla crisi, che non è definitivamente alle spalle. E respira.
In attesa del test di domenica a Firenze: la Viola non è la Dinamo Kiev, al Franchi servirà qualcosa di diverso, più energia. Lo sa anche, e soprattutto Juric, che può festeggiare il suo primo successo europeo dopo un’esperienza di appena tre partite, avendo ancora tanto da chiedere al gruppo, che appare addormentato sui suoi limiti caratteriali e i difetti tecnici. La Roma lascia la Dinamo a zero punti, per una rete di Dovbyk. Il resto è il solito spartito, che conosciamo ormai da un po’.
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