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Il Messaggero

Roma e Genoa c’era una svolta

Redazione
La sfida di questa sera è stata spesso un crocevia di uomini, gioie e dolori. Da Pruzzo a Conti allo scudetto del 1983, l'addio di Totti e l'esonero di Ranieri

Più che la partita del cuore è la partita dei fegati in mano e dei cervelli in fiamme. Mai stata un tranquillo weekend di ansia, quasi sempre una domenica maledetta domenica, pure se oggi è lunedì. Sarà che Roma e Genoa, o Genoa e Roma in ordine rigoroso di anzianità di servizio, quando sono messe in coppia dal calendario mettono in palcoscenico un dramma generazionale, un teso confronto di città eterne e squadre irrisolte o declinanti. Il Genoa - ricorda Marco Evangelisti su Il Messaggero - dei nove scudetti ha smesso di vivere gloria prima ancora che la Roma cominciasse a sognarne. Daniele De Rossi è soltanto l'inizio o meglio la fine, da cui parte a ritroso una storia come si deve, fitta di casi di omonimia, giochi di parole, calciatori dati e restituiti, allenatori vagabondi, momenti indimenticabili od ossessivi. Prima degli ultimi saporiti sviluppi, tra lui e il Genoa gli eventi memorabili si riducono in fondo a quell'urlo tardelliano cacciato il 23 marzo 2008 dopo aver trasformato il rigore fatale a dieci minuti dalla fine. Sulla panchina di quel Genoa c'era Gian Piero Gasperini. Per la Roma, il Genoa è un crocevia tra più realtà. E viceversa. Dopo quarantuno anni di magra fu li al Ferraris che la Roma andò a prendersi il secondo scudetto, 1'8 maggio 1983. Claudio Ranieri ci visse il giorno più oscuro della sua carriera di sir, il 20 febbraio 2011. Vinceva 3-0, perse 4-3. Senza naturalmente dimenticare il 28 maggio 2017 quando Perotti risolse all'ultimo minuto il complicato caso della partita doppia, in un Olimpico che infradiciava di insulti Luciano Spalletti e si preparava a versare calde lacrime per l'ultimo fischio finale di Francesco Totti.