C'è stato un Francesco, ottavo Re di Roma, molto tempo prima di Totti, scrive Romolo Buffoni su Il Messaggero. Anche lui con la maglia giallorossa sulle spalle e, al braccio, la fascia di capitano. Un Re con una corona di spine, quella di un ginocchio distrutto, inguaribile per i mezzi dell'epoca in cui regnava. Quel Francesco è Rocca, il Kawasaki romanista anni 70, la risposta giallorossa a Chinaglia, vanto dei laziali. Quarant'anni fa, esattamente come oggi, il terzino di San Vito Romano giocava gli ultimi minuti della sua carriera in un Roma-International Porto Alegre, amichevole in onore di Paulo Roberto Falcao. Mentre il Divino iniziava il cammino verso lo scudetto del 1983, Francesco Rocca a soli 27 anni doveva arrendersi al suo inferno. In 50mila si riversarono allo stadio per salutare il campione sfortunato, diventato una bandiera giallorossa, costretto ad arrendersi dopo un calvario di cinque anni cominciato dopo un Italia-Lussemburgo. Anche in nazionale era diventato un punto fermo, e con la banda-Bearzot avrebbe probabilmente vinto il Mondiale di Spagna 82. Grazie Francesco, la scritta che apparve sui tabelloni del vecchio Olimpico, che si sciolse in lacrime mentre il numero 3 più amato faceva il suo ultimo, struggente, giro di campo.
Il Messaggero
Rocca, 40 anni fa smetteva il campione più sfortunato
In 50mila si riversarono allo stadio per salutare "Kawasaki", diventato una bandiera giallorossa, costretto ad arrendersi dopo un calvario di cinque anni
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