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Alla fine è rimasto. Dopo aver trascorso l'estate con l'etichetta del cedibile sulle spalle, Dovbyk è ancora a Trigoria. In questi giorni è in giro con la sua Nazionale (venerdì ko 0-2 con la Francia), costretto già a rincorrere l'Islanda e proprio i transalpini in ottica mon-diale. Una propensione, quella alla rincorsa, che l'ucraino conosce bene, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. Soprattutto da quando è arrivato Gasperini. Trentacinque minuti divisi equamente tra Bologna e Pisa, è il biglietto da visita che il tecnico ha presentato a Artem. Della serie: oggi il titolare è Ferguson. Sì un ragazzo talentuoso, ma sempre un attaccante - frenato dagli infortuni - che in carriera ha segnato 17 gol. Avete letto bene, 17. Gli stessi che il vituperato Dovbyk ha segnato nella sua prima stagione in giallorosso, quella travagliata dall'avvicendarsi di tre allenatori. Eppure, il messaggio che passa a livello mediatico, abbracciato subito dalla maggior parte dei tifosi, è che la differenza che passa tra i due è simile a quella tra il Romario dei bei tempi e un attaccante della Primavera. Non è così e il primo a saperlo è proprio Gasp. Che pur avendo cercato durante l'estate un centravanti con caratteristiche diverse (prima Fabio Silva e poi Gimenez) alla prima occasione si è affrettato a dire che uno degli obiettivi che si propone, chiuso il mercato, è quello di «recuperare Dovbyk». Perché volenti o nolenti, Artem c'è, non è partito. È lì e ha anche un costo non indifferente. Per questo va sfruttato in una stagione che si profila lunga e insidiosa, con l'Europa League pronta a incastrarsi durante la settimana dal derby (21 settembre) in poi.
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