La differenza tra la Roma ammirata fino al 13 novembre, che ha chiuso l'anno pareggiando a stento contro il Torino, e quella che ha abbiamo visto nella prima dell'anno, è nei secondi finali della sfida con il Bologna, in quel colpo di testa di Abraham, che ha fatto da schermo a Rui Patricio salvando la vittoria, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. Senza quell'episodio la partita sarebbe finita in un malinconico pareggio, tra un pizzico di noia e una grossa dose di sofferenza, specie nel finale. La vittoria, quella sì, è un bene prezioso, che va coccolata. Mourinho contro il Bologna inventa una Roma nuova, ma di novità se ne vedono poche: il gioco resta prevedibile, occasionale, le palle gol sempre al minimo, i tiri nello specchio della porta, appena quattro in quasi cento minuti di partita. Zaniolo fa il centravanti e in mezzo al campo viene lanciato al fianco di Cristante il giovane Tahirovic, pupillo di Mou, che in lui rivede un po’ il suo Thiago Motta del triplete. In un colpo solo, José fa fuori anche Spinazzola e Zalewski, al loro posto El Shaarawy. Roma più fresca, più imprevedibile? No. Eppure il match promette bene. La Roma ha il merito di passare in vantaggio dopo appena sei minuti. Una giocata in verticale, una sola, del duo Zaniolo-Dybala ed ecco il rigore per fallo di Lucumì sull'argentino. Poi la Roma fa vedere poco. Di positivo c'è la solidità difensiva che si regge sulla vena di Smalling, il quale mantiene bene anche dopo la sosta.
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Poca Roma, ma vale l’aggancio
Partita che balla tra un pizzico di noia e una grossa dose di sofferenza, specie nel finale
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