"Mi sento molto bene, sono felice. Qui alla Juve, la vittoria si respira dalle mura. Andrea Agnelli me ne ha parlato il primo giorno che ho messo piede a Vinovo. Giri e vedi i trofei, le bacheche: i successi sono nel dna di questo club. Si respira la storia" dice Miralem Pjanic intervistato da Alessandro Angeloni su Il Messaggero.
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Pjanic: “Roma, non ho tradito”
Il bosniaco: "Oggi sono maturo e vinco, il passato mi resta nel cuore"
Il suo amico Nainggolan ha detto che lei ha scelto di vincere facile.
"Dopo cinque anni bellissimi a Roma, ho solo deciso di fare altre esperienze. La Juve mi ha seguito, mi ha voluto. Io avvertivo l'esigenza di confrontarmi con un'altra esperienza, del resto la carriera di un calciatore è breve. Detto questo, vincere non è mai facile e non lo è nemmeno qui. Ci vuole abnegazione, lavoro. Le vittorie si ottengono sudando, meritandole, al di là di ciò che, troppo superficialmente, si pensi in giro".
A Roma sarebbe stato diverso.
"Vincere lì sarebbe stata un'emozione unica. Purtroppo non ci sono riuscito, e mi dispiace. Ma ci ho provato. Molti sono rimasti male che sia andato via, ma io non ho tradito nessuno".
Che c'è di così magico in Roma?
"C'è passione, dalla mattina alla sera si pensa al calcio, alla squadra. E questo è bello perché un successo ti porta alle stelle, ma dall'altra parte è negativo perché si perde il senso dell'equilibrio. E il problema, lì, è proprio questo. Ma vincere a Roma deve essere un qualcosa di unico".
Ricorda la sera del violino di Garcia? Anche lei lo era contro.
"La Roma voleva vincere, non c'è riuscita. Poi i gesti si fanno spontaneamente e sono sicuro che Rudi non lo rifarebbe se tornasse indietro. C'era rabbia, ci rodeva perdere in quel modo".
Che cos'è la bellezza nel calcio?
"La semplicità. Io, capriole col pallone, non ne faccio. Per me conta far scorrere bene il gioco, dare equilibrio. I miei riferimenti sono Pirlo, Xavi, in passato Zidane. Calciatori fantastici. Fuoriclasse della semplicità".
E Totti?
"Checco è un genio. Vedeva cose in anticipo. Cose che ad altri sfuggivano".
Cosa non le piace del nostro calcio?
"Troppe polemiche, a volte bisognerebbe abbassare i toni. Ma il calcio italiano sta crescendo, lo dimostrano le presenze di Roma e Juve nei quarti di Champions. E sono molto contento che ci sia anche la Roma, lì ho lasciato un pezzo di cuore e ci torno spesso".
Che ricordi ha di Luis Enrique?
"Un uomo straordinario. Coerente, vero. Non c'è un calciatore della Roma che non lo abbia rimpianto. Eravamo tristi quando ci ha detto che se ne sarebbe andato. Purtroppo quella Roma non aveva i calciatori giusti per attuare il suo gioco".
Con Zeman, invece, zero rapporti.
"Era così un po' con tutti. Non c'era dialogo, a parte con Totti, che conosceva da anni. L'atmosfera era pesante. Mi dava fastidio che non parlava".
Con Garcia, molto meglio no?
"All'inizio andava tutto benissimo, poi non è riuscito a gestire i momenti di difficoltà. Rudi è un bravo allenatore".
Spalletti?
"Un grande. Sei mesi molto bene. Era tosto, ma leale".
Dzeko è troppo buono, diceva Spalletti.
"Edin è una splendida persona, è una fortuna per chi ce l'ha in squadra. Io lo definirei un giocatore e un ragazzo positivo, oltreché un grande calciatore".
Meglio di Higuain?
"Come si fa a fare un paragone? Il Pipita è un killer. Ha due occasioni, una la mette dentro. Gli attaccanti argentini sono un po' tutti così".
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