Complotti, soffiate e falsità. Sono questi i contenuti dell’intervista di Gianluca Petrachi all’Ansa in cui il dirigente traccia i contorni di una sorta di spy story che, dal suo arrivo al licenziamento, ha avuto luogo a Trigoria quando ancora al timone della società c’era James Pallotta, scrive Gianluca Lengua su Il Messaggero.
rassegna stampa
Petrachi: “Volevo mandare via le gole profonde”
L'ex D.S. torna a parlare: "Sono stato abbandonato da una proprietà troppo distante da Roma, dalla Roma e dai tifosi"
"Ho tentato di alzare un muro, di mettere uno scudo a difesa del gruppo, mi sono ritrovato solo contro tutti. Sono stato abbandonato da una proprietà troppo distante da Roma, dalla Roma e dai tifosi. Sono stato lasciato solo a combattere. Alla fine, mi è stato fatto pagare un conto esagerato e questo solo per aver difeso la Roma dentro e fuori dal campo, facendo solo gli interessi della squadra" dice Petrachi.
"Avevo chiesto a Pallotta di allontanare gli elementi che violavano i segreti dello spogliatoio e del campo o, ancor peggio, che minavano i rapporti interni. Quegli stessi elementi che avrebbero dovuto dimostrare fedeltà alla causa della Roma, rispettando il sacro silenzio dello spogliatoio". Non fa nomi né riferimenti il dirigente, ma torna sul suo ingresso nello spogliatoio a fine primo tempo in occasione della partita in casa del Sassuolo in cui la Roma stava perdendo 3-0: "Volevo spronare i giocatori a non calpestare la stessa loro dignità. Vedere una squadra da me costruita essere umiliata così è stato un colpo al cuore. E se quella sera sono sceso nello spogliatoio l’ho fatto solo ed esclusivamente per la Roma e per i suoi tifosi, soprattutto per quelli che nonostante l’enorme delusione erano lì e non smettevano mai di cantare".
© RIPRODUZIONE RISERVATA