Il presidente Jim Pallotta è stato richiamato dall'Uefa per le dichiarazioni post Roma-Liverpool. Certo, non (solo) per aver invocato la Var, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero, ma per aver usato la parola "ridicolo" riferendosi alla direzione arbitrale di Skomina. Eppure dopo Real-Juventus, per molto peggio non è successo niente. Nessun provvedimento dall'Uefa, nessun deferimento o richiamo alla Juve, né ai protagonisti delle ormai celebri dichiarazioni di Buffon e Agnelli, tra l'altro presidente dell'Eca, ovvero dei maggiori club europei.
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Pallotta-Uefa, accuse e veleni
Contestate a Jim le parole su Skomina e alla Roma l’ordine pubblico allo stadio
Il prossimo 31 maggio il presidente della Roma verrà giudicato (i legali del club pensano di scongiurare punizioni eccessive, che non sembrano previste). A Pallotta viene contestata anche la frase con la quale definiva "scherzo" le decisioni dell'arbitro sul mani di Alexander-Arnold e sul fuorigioco (inesistente) fischiato a Dzeko.
Il presidente rischia la multa (difficile) o solo un giallo (vedremo), che suonerebbe come una specie di sculacciata. Oltre a Pallotta, toccata tutta la Roma, per accensione di fumogeni, organizzazione insufficiente e scale bloccate. La società si mostra tranquillità, forte anche dei complimenti della Uefa a fine partita L'equivoco da dove nasce? Questione di moduli: il delegato deve completare una serie di voci legate alla preparazione del match e alla gestione dell'ordine pubblico.
La replica di Pallotta: "Sono sorpreso dall'apertura di questo procedimento disciplinare. Per me è la condotta Uefa (riferito ai delegati, preciserà, ndr) ad essere inappropriata". Ha provato a spegnere le tensioni il dg Baldissoni, che a Sky, ha precisato: "Il presidente ha solo affermato che si può fare ricorso alla tecnologia. E magari gli è scappata qualche parola (il club sostiene che Jim non avesse capito bene la domanda, ndr) più colorita ma non vogliamo mancare di rispetto a nessuno, l'arbitro è il primo a sapere di sbagliare. Noi dobbiamo occuparci nei nostri errori, non di quelli dell'arbitro".
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